Il protocollo Stanford è un programma terapeutico messo a punto nel 2005 da David Wise, dottore di ricerca in Psicologia e dall’urologo Rodney U. Anderson, entrambi attivi presso la Stanford University School of Medicine in Canada, per offrire un supporto innovativo alle persone che soffrono da tempo di dolore nell’area pelvica.
Il dolore pelvico, spesso costante, a tratti intenso, limita fortemente la qualità di vita di chi ne soffre. Il primo passo per riuscire a superare una condizione spesso invalidante, alimentata da una sensazione di impotenza davanti a un problema che spesso si trascina per anni senza soluzione, è affidarsi a professionisti della salute con competenze nel campo per stendere un programma di intervento che spesso si muove su più fronti prendendo in considerazione più aspetti del problema per avere una reale efficacia risolutiva.
Protocollo Stanford: un approccio terapeutico multidisciplinare

Varie possono le cause implicate nel dolore pelvico: disfunzioni del pavimento pelvico, vulvodinia, sindrome dell’elevatore dell’ano, cistite interstiziale» precisa la dottoressa Elena Romagnoli, ostetrica presso il Poliambulatorio AesteMedica di Ferrara. «Il protocollo Stanford è un approccio multidisciplinare che coinvolge in un percorso terapeutico diverse figure professionali: urologi, ginecologi, psicologici, fisioterapisti, ostetriche. In questo modo si affronta il problema in modo globale, non concentrandosi solo sui sintomi fisici ma anche su come il dolore influisce sugli aspetti psicologici, sull’umore, sulla postura e come conseguenza finale sulla qualità della vita».
Dal sistema nervoso a quello muscolare
Gli ideatori del metodo sono partiti dal rilevare che per decenni le sindromi del dolore pelvico cronico, di cui lo stesso Wise ha sofferto per oltre vent’anni, sono state affrontate con terapie per lo più farmacologiche e procedure chirurgiche di scarso successo, se non destinate a peggiorare il problema. «Alla base del protocollo sta quindi un’importante rilevazione da parte dei due specialisti» commenta l’esperta «Ovvero nella comprensione che la disfunzione del pavimento pelvico che determina la condizione dolorosa non è legata a una precisa patologia all’utero piuttosto che alla vescica ma a una contrattura muscolare cronica».
I trattamenti classici trascurano il fatto che la disfunzione del pavimento pelvico è un problema sia sistemico che locale. Sistemico in quanto il sistema nervoso sovraeccitato produce dolore. E locale dal momento che l’ansia e la preoccupazione acuiscono un dolore localizzato che, in un circolo vizioso, accentua i problemi al pavimento pelvico e aumenta la sensazione dolorosa.
Lavorare su più fronti
Il protocollo Stanford, che i due autori hanno descritto nel libro “Un mal di testa nel bacino” giunto alla sesta edizione, punta quindi a insegnare a chi soffre di dolore pelvico cronico a rilassare e riabilitare i muscoli del pavimento pelvico e insieme a diminuire l’eccitazione nervosa che alimenta e consolida il dolore stesso.
Proprio per questo il protocollo si articola in una parte dedicata al trattamento fisioterapico, che i pazienti dopo un periodo iniziale con i professionisti devono essere in grado di autosomministrarsi, e in un’ulteriore parte dedicata al rilassamento che mira a ridurre l’impatto dei pensieri negativi che accompagnano la sindrome dolorosa pelvica cronica e “spegnere” l’eccitazione del sistema nervoso per rompere la spirale del dolore.
Gli obiettivi e i risultati
«L’approdo finale del protocollo Stanford, che oggi viene spesso indicato come protocollo Wise-Anderson dal nome dei due creatori, è ovviamente quello di ridurre il dolore ma anche quello di migliorare in toto la condizione di vita di chi accusa problemi pelvici portando la persona a sentirsi meglio nel suo insieme, più vitale fisicamente ma anche più serena e propositiva dal punto di vista psicologico» precisa l’esperta.
«Un obiettivo che viene raggiunto grazie a un programma personalizzato: ogni paziente riceve un piano di trattamento su misura, studiato sulle sue specifiche problematiche e sulle sue esigenze, che può includere fisioterapia pelvica per rilassare i muscoli tesi, tecniche di rilassamento e gestione dello stress, supporto psicologico per affrontare l’ansia o la depressione legate al dolore e l’impiego di farmaci, qualora necessari».
Disincentivare l’utilizzo massiccio dei farmaci è per altro uno dei cardini del protocollo che come dimostrato da uno studio del 2015 porta dopo sei mesi di trattamento a una riduzione volontaria dell’impiego di antidolorifici. Un successivo studio ha rilevato un miglioramento significativo della condizione dolorosa sia negli uomini che nelle donne coinvolte nel protocollo per un periodo di sei mesi.