Abbiamo intervistato sul tema della vulvodinia e della sua gestione, anche in momenti particolari della vita della donna come la gravidanza e il post-partum, la dottoressa Alessandra Marchi, ostetrica, referente del Centro Salute Pelvi di Torino.
Come si approccia l’ostetrica alla vulvodinia?
Fondamentale è prendersi carico del problema nella sua totalità. Spesso le pazienti con cui ci troviamo ad operare sono giovani donne spaventate da una problematica non solo dolorosa ma anche difficile da affrontare, a volte sottovalutata se non addirittura liquidata come un disturbo “immaginario”. Una delle paure più frequenti poi, proprio nelle pazienti più giovani, è quella di non riuscire ad affrontare una gravidanza per colpa della vulvodinia.
In che modo l’ostetrica può essere d’aiuto?
L’ostetrica è la figura con la quale in genere si riesce ad instaurare un rapporto non solo di fiducia ma anche di empatia e questo gioca un ruolo chiave nell’affrontare un problema come quello della vulvodinia dove la componente emotiva ha un peso importante. Stabilire una relazione positiva, fatta di rispetto e di fiducia, rappresenta quindi un plus per mettere in atto una strategia di cura che, come detto inizialmente, non può essere univoca ma studiata sulla paziente, sulla sua storia clinica e sulle sue esigenze.
Parliamo quindi di un approccio personale e multimodale che consente di intervenire sul problema prendendone in considerazione ogni aspetto con terapie appropriate e, dove necessario, anche inviando la paziente a professionisti di fiducia con i quali esista un rapporto di dialogo e collaborazione così da avere la sicurezza che la donna possa sentirsi seguita e capita anche in contesti diversi rispetto agli incontri con l’ostetrica.
Come viene affrontato il problema in gravidanza?
«Come detto in precedenza, uno dei timori più grandi per una donna che soffre di vulvodinia è quello di non poter avere figli o comunque di dover affrontare una gravidanza difficile, magari anche con esiti non positivi. Mi sento subito di dare una rassicurazione in questo senso: si tratta solo di fantasie che non hanno fondamento e che nascono spesso da quella situazione di dubbio, preoccupazione e scarsa conoscenza che ruota attorno al problema della vulvodinia.
Le donne che ne soffrono non solo possono avere figli ma possono anche affrontare con serenità i nove mesi dell’attesa. La vulvodinia, infatti, non è un ostacolo alla gravidanza ma quello che conta naturalmente è arrivare preparate al parto.
La vulvodinia può peggiorare nei nove mesi?
Gli ormoni gravidici da un lato giocano a favore grazie a un’azione di rilassamento sulla muscolatura ma occorre comunque lavorare sul pavimento pelvico durante l’attesa in modo che la fase del parto sia la più serena possibile. La situazione va valutata comunque, come sempre del resto, da paziente a paziente: in alcuni casi può succedere che i disturbi classici della vulvodinia in gravidanza si attenuino, in altri che permangano o si presentino in momenti specifici come durante i rapporti.
In ogni caso il lavoro non solo sul pavimento pelvico ma su tutta la struttura muscolare è di grande aiuto perché il bambino si posizioni in maniera corretta e perché il parto si svolga naturalmente e nel migliore dei modi.
È vero che chi soffre di questa patologia deve ricorrere al parto chirurgico?
Un’altra idea preconcetta da sfatare è proprio quella che le donne che soffrono di vulvodinia debbano necessariamente sottoporsi al cesareo. Come sempre la situazione va valutata caso per caso, ma in linea generale non c’è nessuna preclusione al parto spontaneo. Potrei anche affermare che le donne che accusano un problema di vulvodinia, e che come detto sopra hanno seguito un percorso durante la gravidanza, hanno una consapevolezza del pavimento pelvico che può essere loro di grande aiuto nel momento del parto facilitandolo».
E nel post-partum?
Va sempre tenuto presente che ogni situazione è a sé stante. Può succedere allora che il parto, risolvendo il problema dell’ipertono dell’area pelvica, porti a una diminuzione della sintomatologia dolorosa legata alla vulvodinia. Ma può anche accadere che i disturbi persistano. L’allattamento per altro, provocando un aumento della secchezza vaginale, può persino accentuarli. Anche nella fase post-parto è quindi importante che la donna sia affiancata e segua un percorso di trattamento personalizzato, studiato a misura delle sue condizioni e delle sue esigenze.