Il biofeedback e la TENS nella cura della vulvodinia

La vulvodinia, tra le varie cause, è spesso associata a un ipertono dei muscoli del pavimento pelvico, ovvero a uno stato di continua contrazione. Ecco perché imparare a rilassare questa zona può essere una strategia molto importante per ridurre i sintomi.

Il biofeedback è una tecnica che aiuta a prendere consapevolezza di alcune parti e funzioni fisiologiche del proprio corpo, e nel contesto della vulvodinia, può essere utilizzato efficacemente per insegnare alla paziente a rilassare i muscoli del pavimento pelvico. Accade infatti che la contrazione continua di questa zona crea squilibri nell’ossigenazione dei tessuti, danneggiando i muscoli, i vasi e i nervi dell’area vulvare.

Inoltre si verifica una sorta di corto circuito: le terminazioni nervose, continuamente sollecitate, si attivano e ciò porta alla formazione di ulteriori terminazioni che a loro volta contribuiscono a trasmettere le sensazioni dolorose. Il dolore quindi viene percepito in modo più intenso. Occorre quindi un intervento che interrompa questo circolo vizioso.

Come il biofeedback può essere applicato nella gestione della vulvodinia

Si procede innanzitutto con una valutazione iniziale. Il terapeuta effettua un’attenta analisi per comprendere la situazione clinica della paziente, identificare la tensione muscolare e valutare come risponde al dolore. Per fare questo procede con la raccolta dei dati anamnestici, trascrivendo tutte le informazioni utili relative alla paziente.
Successivamente passa alla valutazione dall’area interessata. Per fare questo non si limita alla visita ginecologica ma osserva anche la postura, il tipo di respirazione e altri parametri anatomici. Oogni passaggio e ogni manovra vengono spiegati dall’operatore sanitario per far comprendere alla paziente che per individuare l’origine del suo disturbo c’è bisogno di una valutazione globale.

Dopo aver acquisito flgli elementi necessari, il terapeuta propone un percorso di riabilitazione che può essere composto di vari step e diverse metodiche, tra cui, appunto il biofeedback. Questa tecnica si può definire come un addestramento al rilassamento muscolare. Spesso le pazienti non hanno “consapevolezza” dei loro muscoli pelvici: abituarsi a percepirne le tensioni durante la giornata è il primo passo per imparare a mantenerli rilassati. Le tecniche di biofeedback sono cruciali per raggiungere questo obiettivo.

Grazie a una sonda vaginale, la paziente e il terapeuta possono monitorare l’attività muscolare. L’apparecchio fornisce infatti in tempo reale informazioni visive o uditive sul livello di rilassamento o contrazione del muscolo. Attraverso un accurato training, la donna può quindi imparare a percepire il livello di tensione nella zona pelvica e imparare a ridurla volontariamente. Di conseguenza anche il dolore percepito risulta minore.

Le sessioni di biofeedback di solito durano da 20 a 30 minuti e hanno un tasso di successo medio del 60-80%. Inoltre viene spesso consigliata la pratica domiciliare: le pazienti vengono incoraggiate a praticare le tecniche di biofeedback a casa per consolidare i progressi ottenuti durante le sessioni ambulatoriali.

La TENS: una tecnica per ostacolare la trasmissione del dolore

A questa metodica spesso siassocia anche la stimolazione elettrica transcutanea dei nervi (TENS): è una forma di terapia fisica che utilizza impulsi elettrici per modulare la percezione del dolore. Questo trattamento si effettua con una sonda vaginale di 20 mm di diametro dotata di due elettrodi attraverso i quali vengono inviati impulsi elettrici di bassa frequenza. L’obiettivo è influenzare la trasmissione del dolore attraverso il sistema nervoso, riducendo così la sensazione di disagio.

Nel caso della vulvodinia, la TENS può offrire sollievo attraverso diversi meccanismi. Uno di essi è l’inibizione della trasmissione del segnale del dolore lungo i nervi periferici. Inoltre, la TENS può stimolare la produzione di endorfine, sostanze chimiche naturali del corpo che agiscono come analgesici, riducendo la percezione del dolore.

Studi scientifici hanno indagato sull’efficacia di questa metodica nel trattamento della vulvodinia, dimostrando che  può portare a una significativa riduzione del dolore e miglioramenti nella qualità della vita delle pazienti. Tuttavia, è importante utilizzare parametri di stimolazione appropriati e validati. Per ottenere dei miglioramenti occorrono in genere tra le 20 e le 30 sessioni.

Nel complesso, per la vestibolodinia provocata (una delle pronciali cause di vulvodinia), si rileva un tasso di risposta  del 65-75%. La TENS oggi può essere auto-somministrata dalla donna stessa a casa propria, dopo un breve periodo di addestramento, grazie a un dispositivo poco costoso.

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