Vulvodinia, il ruolo del sessuologo

Ci sono aspetti della vulvodinia di cui non è facile parlare. Il dolore fisico, l’intimità compromessa, la paura di perdere per sempre la gioia del piacere sessuale. Sono solo alcuni dei vissuti più difficili delle donne colpite da questa malattia: affidarsi a un sessuologo esperto, parte di un team multidisciplinare, può aiutare ad alleviare il disagio.

Tiziana Carmellini
Dott.ssa Tiziana Carmellini

«Il comportamento sessuale è un insieme di azioni che vengono messi in atto nella relazione di coppia e sono ripetuti nel tempo solo se vissuti come fonte di piacere da entrambi i partner», spiega Tiziana Carmellini, psicologa-psicoterapeuta cognitivo-comportamentale in Trentino e Veneto, esperta in sessuologia clinica e terapeuta EMDR.

«Nei casi in cui, l’esperienza della sessualità sia associata a percezioni di dolore, o alla paura di sentire disagio, il sesso perde il suo scopo primario e tende a essere evitato e/o respinto. Il dolore cronico della zona vulvare, senza una causa anatomica o patologia evidente, è una di queste situazioni».

Vulvodinia e intimità

La vulvodinia è un dolore che sembra non passare mai. «Lo stato infiammatorio del vestibolo vulvare tende a cronicizzarsi quando non viene diagnosticato in tempo e/o non viene sottoposta a un trattamento medico, riabilitativo e psicosessuale», prosegue la sessuologa. «Il dolore si cronicizza, mantenendosi anche dopo la risoluzione del quadro infiammatorio, e comincia a persistere indipendentemente dal rapporto sessuale o da altri fattori scatenanti, diventando invalidante.

In questo modo, le donne cominciano a non vivere più serenamente la loro dimensione sessuale, non si sentono capite nella loro sofferenza personale e relazionale-affettiva. La sensazione di incomprensione e, talvolta, la conseguente rinuncia a chiedere aiuto, trovano spiegazione nella difficoltà frequente di inquadramento di questo disturbo. Un sessuologo può aiutare ad affrontare questo disagio».

Perché affidarsi a un sessuologo?

«È importante stimolare le donne affette da vulvodinia a non perdere la speranza di raggiungere un miglior stato di benessere», continua la dottoressa Carmellini. «La salute influenza la qualità della vita, ma la dimensione che la fa peggiorare drasticamente è l’atteggiamento con cui si vivono le difficoltà. La vulvodinia è una malattia che può essere gestita e dalla quale si può uscire: essere riconosciute nella propria sofferenza è un primo passaggio importante.

Avere un’efficace comunicazione ed espressione dei propri bisogni aiuta ad affrontare le difficoltà a livello sia individuale che relazionale. Avere un problema fisiologico nella sfera intima non implica necessariamente il dover rinunciare all’appagamento sessuale e/o a esperienze di piacere».

A chi rivolgersi?

«Le donne colpite da vulvodinia che si rivolgono a specialisti non formati in questo ambito spesso non risolvono i loro vissuti di disagio e imbarazzo, vivono atteggiamenti di chiusura e credono di non poter trovare soluzione alla loro difficoltà», chiarisce Carmellini. «È importante affidarsi a mani esperte e competenti.

Lo psicoterapeuta cognitivo-comportamentale esperto in sessuologia aiuta le donne a essere consapevoli del loro funzionamento e della loro fisiologia genitale. Individua i pensieri negativi e i comportamenti che possono peggiorare il dolore, insegna tecniche di rilassamento e di gestione dello stress per aiutare a ridurre il dolore genito-pelvico. E identifica i fattori psicologici e relazionali responsabili dell’insorgere e del mantenimento di questa difficoltà. Infine, promuove un’efficace comunicazione all’interno della coppia».

Cosa fa il sessuologo?

I temi affrontati nelle sedute sono tanti. «I vissuti della vulvodinia, legati a esperienze di dolore prolungato, l’evitamento della sessualità, i disagi all’interno della coppia. I risvolti ansioso-depressivi e di stress legati a questa situazione vengono affrontati dallo psicoterapeuta che analizza e affronta le credenze, le emozioni e gli atteggiamenti che mantengono la persistenza di questa difficoltà», spiega la dottoressa.

«La psicoterapia interviene anche su fattori di funzionamento personologici e/o relazionali, che ostacolano i processi di cambiamento, così come la gestione e/o la risoluzione del problema. Talvolta, all’origine della malattia, potrebbero esserci esperienze traumatiche: un terapeuta esperto può aiutare a elaborare ciò che blocca, paralizza e limita la donna nel suo benessere personale e di coppia.

Il sessuologo può proporre, come compito a casa, l’attività di esplorazione e contatto amorevole con i propri genitali, per conoscerne le sensazioni, il funzionamento e le condizioni che fanno sentire la donna al sicuro e rilassata. Il sessuologo aiuta, inoltre, ad aumentare la compliance al trattamento proposto dai professionisti coinvolti (neurologi, fisioterapisti, ginecologi) e implementa la motivazione al processo di cura».

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