La vulvodinia e i disturbi associati

Alessandra MarchiUn dolore sordo e costante oppure pungente e intermittente. Un bruciore intenso. Una sensazione di fastidio e di disagio. Se molte sono le manifestazioni cliniche della vulvodinia, non va dimenticato che a questa patologia, complessa e fortemente invalidante, si possono legare anche altri disturbi che rendono più complesso il quadro clinico. Può essere presente, infatti, una co-morbilità: alla vulvodinia si possono associare disturbi del pavimento pelvico, cistiti ricorrenti, malattie intestinali croniche che contribuiscono a peggiorare una già scarsa qualità della vita compromettendo ancora di più il benessere psico-fisico delle donne affette dalla patologia. Ne parliamo con la dottoressa Alessandra Marchi, ostetrica.

Vulvodinia e disturbi del pavimento pelvico

La vulvodinia è definibile come un persistente dolore localizzato nell’area vulvare di tipo neuropatico. Questo significa che, nonostante la zona vulvare sia in salute cioè priva di alterazioni, le terminazioni nervose presenti a livello dei genitali esterni trasmettono erroneamente una sensazione di dolore, sia pur in assenza di danno.

Il dolore provoca una contrazione dei muscoli della zona genitale, il cosiddetto pavimento pelvico, provocando una condizione di ipertono dell’area che a sua volta peggiora il quadro doloroso alimentando ulteriormente la patologia neurologica. La riabilitazione del pavimento pelvico attraverso opportuni interventi terapeutici, normalizzando il tono muscolare e desensibilizzando l’area vestibolare, aiuta a mettere fine a questo circolo vizioso attenuando sempre più il dolore intimo.

Vulvodinia e infezioni urinarie

Nonostante in questa patologia non si riscontrino alterazioni di nessun genere a livello dell’area vulvare, è frequente la sovrapposizione con infezioni urinarie e genitali che non trovano soluzione con le normali terapie antibatteriche e antimicotiche. Secondo alcuni dati a disposizione, le cistiti ricorrenti sono presenti nelle donne che soffrono di vulvodinia in una percentuale due volte superiore rispetto alle donne che non accusano la patologia.

La cistite spesso compare circa 24-72 ore dopo un rapporto sessuale. Il muscolo che circonda la vagina, infatti, risulta particolarmente contratto nelle donne che soffrono di questa patologia. Questa eccessiva contrazione facilita traumi meccanici dovuti alla penetrazione, provoca infiammazione dell’uretra e della base vescicale scatenando la cistite. Questo spiega perché il riportare alla normalità il tono del muscolo rendendolo più elastico, attraverso una serie di esercizi terapeutici specifici, permetta di tenere sotto controllo la concausa meccanica e muscolare del dolore intimo limitando anche il riproporsi delle cistiti.

Vulvodinia e patologie intestinali

Ampiamente dimostrati da uno studio del 2019 pubblicato su Clinical Gastroenterology and Hepatology, i disturbi intestinali cronici di tipo infiammatorio si legano a filo diretto con la vulvodinia. Tanto che alcuni dati relativi a uno studio italiano parlano della presenza di patologie intestinali in più del 94% delle donne affette dalla patologia. Nello specifico circa il 28% delle donne con sofferenze intime accusa sindrome del colon irritabile, più del 23% stipsi, il 10% allergie alimentari.

La compresenza con la sindrome del colon irritabile risulta essere la più frequente dal momento che la patologia intestinale determina una risposta infiammatoria che può modificare le terminazioni nervose e causare o esasperare il dolore vulvare. È la ragione per cui la vulvodinia si può associare anche a problematiche come la fibromialgia o la cefalea ricorrente, patologie che sortiscono da una iperreattività delle fibre nervose che conducono il dolore.

L’importanza di un approccio multidisciplinare

La presenza di co-morbilità conferma il fatto che occorre sempre un approccio multidisciplinare nella fase dell’inquadramento, della diagnosi e in quella successiva della messa a punto di un piano terapeutico. Sempre, e maggior ragione qualora siano presenti patologie concomitanti. Non esiste infatti un unico tipo di terapia che sia valido per tutte le donne: la selezione dei trattamenti richiede di essere effettuata sull’anamnesi personale, tenendo conto anche delle reali esigenze della paziente. Tutto questo naturalmente in vista di una risoluzione positiva della patologia.

La letteratura concorda infatti nell’affermare che i programmi terapeutici multidisciplinari sono decisamente più efficaci di quelli convenzionali. Se più del 77% delle donne dichiara infatti fallimentare un approccio unidirezionale alla malattia, si arriva al 90% di donne che riportano un miglioramento dei sintomi, nonché di riflesso della qualità della vita, nel momento in cui venga messa in atto una strategia terapeutica multidisciplinare.

 

Vulvodinia e disturbi associati