Vulvodinia: quando ricorrere a chirurgia e laser

C’è chi ha definito “ultima spiaggia” il trattamento chirurgico della vulvodinia. Ma questa opzione non è solo un’extrema ratio, è anche una terapia che presenta indicazioni molto ristrette e quindi riservata a pochi casi. Come spiega il professor Filippo Murina, ginecologo tra i massimi esperti di questa malattia,“l’escissione chirurgica del vestibolo può essere presa in considerazione in pazienti con vulvodinia locale provocata (vestibolodinia), dopo che le altre opzioni mediche antalgiche, farmacologiche, riabilitative e di blocco del nervo pudendo, quindi non chirurgiche, sono state tentate senza successo”.

Vestibolectomia, la chirurgia della vulvodinia

La procedura che dà i migliori risultati consiste nell’escissione di una porzione a forma di U del vestibolo posteriore, tra la parte interna delle piccole labbra e la porzione inferiore dell’anello imenale. Si cerca di rimuovere una sezione il più possibile sottile di tessuto. La mucosa vaginale viene estroflessa, con conseguente avanzamento della parete vaginale posteriore e unita alla pelle del perineo.

Lo scopo del trattamento chirurgico è rimuovere le terminazioni nervose più superficiali responsabili delle sensazioni dolorose. In pratica si asporta la parte di tessuto da cui provengono gli stimoli dolorosi. Il tasso di successo chirurgico va dal 40% al 100%, dove per “successo” si intende un notevole miglioramento dei sintomi o la completa guarigione.

Il tasso medio di successo chirurgico è del 70% e questo rende l’opzione chirurgica meritevole di considerazione nei casi selezionati. Esistono tuttavia dei fattori che possono essere predittivi di fallimento e questi sono: dolore vulvare diffuso e spontaneo, problemi urinari, ipertono del pavimento pelvico. Al contrario, fattori predittivi di successo sono: dolore vestibolare provocato (dispareunia), limitato numero di punti dolenti, età relativamente giovane.

Le vestibolectomia non è comunque priva di possibili complicanze. A breve termine possono verificarsi: sanguinamenti, infezioni, ematomi, parziale riapertura dell’incisione. A lungo termine invece si possono presentare cisti dei dotti del Bartolini (2-6%), aumento della sensibilità vestibolare (5%). È importante quindi arrivare preparate all’intervento anche perché, come sottolinea il dottor Murina, una percentuale variabile di pazienti (circa il 5-10%) può invece riportare un netto peggioramento del dolore dopo l’intervento stesso.

Uno studio del 2020 su 22 pazienti ha valutato a posteriori gli esiti della vestibolectomia per quanto riguarda il dolore e la funzione sessuale. Le donne prese in esame avevano un’età compresa tra i 22 e i 65 anni. Dopo l’intervento, il 93% hanno riferito un miglioramento del dolore, il 57% di essere soddisfatte della funzione sessuale e il 79% di aver raccomandato l’intervento ad altre donne. Sono dati che collimano con quelli di altri studi in proposito. Resta però il fatto che non tutti gli specialisti sono d’accordo nel ricorrere alla chirurgia, considerata troppo invasiva e preferendo invece un approccio conservativo attraverso le altre tecniche a disposizione.

Il laser: un’opzione più recente

Tra le cure più recenti per la vulvodinia c’è anche l’intervento con il laser frazionato. Nel vestibolo vaginale è presente una fitta rete di terminazioni nervose che nelle pazienti affette da vulvoinia sono più superficiali a causa delle alterazioni dei tessuti (atrofia). In uno studio pilota effettuato dal dottor Murina e collaboratori, è stato applicato il laser CO2 frazionato  in sede vestibolare ad alcune pazienti affette da dolore vulvare e dispareunia, ipertono della muscolatura pelvica lieve od assente, alterazioni dei tessuti vestibolari.

Il 66,7% delle pazienti ha riportato un miglioramento statisticamente significativo della sintomatologia dopo tre sedute laser e con un follow up di 4 mesi. Il laser agisce da una parte disperdendo le terminazioni nervose vestibolari, e dall’altra attivando i fibroblasti con conseguente produzione di collagene e miglioramento del trofismo dei tessuti.

In conclusione, chirurgia e laser possono integrare la terapia del dolore vulvare con prospettive terapeutiche in molti casi interessanti. La selezione accuratissima delle pazienti resta essenziale, in particolare nella vestibolectomia dove le complicanze sono più frequenti.

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