Vulvodinia: perché è importante la psicoterapia?

Secondo un sondaggio effettuato sui social nel 2020, per quasi la metà delle donne le limitazioni dovute ai sintomi della vulvodinia sono tali da interferire con le capacità lavorative. Oltre a non riuscire a concentrarsi nello studio e nel lavoro, molte riportano problemi relazioni e/o sessuali. Uno dei motivi di disagio psicologico più ricorrenti è l’angoscia derivante dai dubbi sulla propria condizione sollevati da amici, conoscenti e persino dagli stessi specialisti, in altre parole la paura (spesso fondata) di non essere credute. Questo provoca isolamento progressivo, sfiducia nella classe medica e rischio di incorrere in problemi psicologici seri.

La psicoterapia può essere un valido aiuto, per almeno cinque motivi.

1. Per alleviare i sentimenti di disagio, angoscia e senso di colpa.

Nell’ambito della vulvodinia, la psicoterapia ha dei benefici sia nell’immediato che a lungo termine. A breve termine, serve per elaborare a livello mentale l’“accettazione“ della vulvodinia come malattia: la donna deve prendere coscienza del problema, dei suoi sintomi e del vissuto sociale, affettivo e relazionale correlato al dolore, per non sentirsi più in colpa e “aiutarsi“ a stare meglio.

2. Per ritrovare la speranza di stare bene.

Spesso le malate soffrono per la mancanza di comprensione esterna e finiscono per sentirsi demotivate e sfiduciate, abbandonando ogni tentativo di curarsi. L’obiettivo finale del percorso di psicoterapia, a lungo termine, è proprio invertire questo meccanismo, per raggiungere uno stato di benessere fisico e psicologico e un atteggiamento positivo nei confronti del futuro e delle possibilità di guarigione. Questo anche alla luce di possibili ricadute, che possono sopraggiungere anche a distanza di anni: la donna così saprà riconoscere i campanelli d’allarme e imparerà a controllare i sintomi della sua malattia senza paure.

3. Per ridurre il rischio di incorrere in sentimenti depressivi o disturbi d’ansia.

Questo può succedere, da un lato perché la vulvodinia stessa è fonte di importante sofferenza fisica, che limita le attività di tutti i giorni e compromette una buona qualità della vita. Il dolore intimo impedisce di compiere anche azioni banalissime (come allacciarsi le scarpe) e questo pregiudica fortemente la quotidianità. Inoltre, da un punto di vista psicologico, le donne non si sentono capite, si sentono sole, diverse, inadeguate e vivono il loro problema con imbarazzo e paura, isolandosi ancora di più. Il rischio di incorrere in depressione o altri disturbi è reale e accomuna le donne di tutte le età, dalle giovanissime, che tendono spesso a nascondere il problema per paura di essere “etichettate“, alle più mature: in menopausa, per esempio, il rischio di depressione aumenta considerevolmente.

4. Per migliorare la propria sessualità e il rapporto a due.

La donna affetta da vulvodinia non riesce a vivere pienamente la sua sessualità per via del dolore: anche in questo caso la psicoterapia può essere di grande aiuto. In molti casi nelle sedute viene coinvolto anche il partner, soprattutto nella fase iniziale. È importante che anche lui capisca che il disturbo della compagna è reale, una malattia a tutti gli effetti e non una semplice “scusa” per evitare rapporti intimi. Inoltre la terapia di coppia può essere utile per far affiorare problematiche “sommerse” e mai affrontate.

5. Per rendere più efficaci le cure per la vulvodinia.

Corpo e mente funzionano in sinergia e si influenzano a vicenda: la vulvodinia, a causa del suo effetto a volte devastante sul corpo della donna, predispone ad alcuni atteggiamenti mentali e comportamentali negativi (pensieri catastrofici, ansia e tensione costante) che alla lunga possono diventare un ostacolo al percorso di cure, rallentandolo o, peggio, compromettendone l’efficacia. Se invece la donna, grazie a una psicoterapia su misura per lei, “impara“ a stare bene con se stessa nonostante la malattia, sarà naturalmente più predisposta ad accogliere le terapie che le verrano prescritte e a seguirle con costanza.

Dopo una diagnosi di vulvodinia, la psicoterapia va sempre inserita in un percorso di cura articolato, che preveda un intervento a più livelli (farmacologico, antalgico, psicologico, fisico).

La terapia cognitivo-comportamentale resta l’approccio più consigliato. A volte possono bastare poche sedute, per esempio quando gli specialisti riscontrano che il problema ha una forte componente organica e un aspetto psicologico secondario.

Quando invece emergono traumi più profondi, di tipo psicologico o sessuologico, il programma può essere più articolato e prolungato: per esempio, prevedere una o due sedute settimanali per tre-quattro mesi, che possono diventare anche sei o dodici se il problema non si risolve. Segue una seduta mensile di mantenimento per un tempo stabilito dal medico secondo una sua valutazione.

 

 

 

 

 

 

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