Quando si parla di vulvodinia, è importante tenere sempre presente le correlazioni che esistono con altre patologie. «Prendiamo il caso dei disturbi gastrointestinali, dalla sindrome del colon irritabile a quadri patologici importanti come quello legato al morbo di Crohn, per i quali è stata ormai ampiamente dimostrata una chiara associazione con la vulvodinia» commenta la dottoressa Ilenia Grieco, nutrizionista, esperta in nutrizione femminile e materno-fetale e founder del metodo Private Nutritionist.
Disturbi gastrointestinali e vulvodinia: cosa dicono gli studi
Uno degli studi più importanti che ha dimostrato la correlazione tra vulvodinia e malattie infiammatorie intestinali è del 2020, pubblicato su Clinical Gastroenterology and Hepatology. Secondo lo studio i problemi infiammatori intestinali colpiscono dalle 200 alle 400 persone ogni 100 mila negli Stati Uniti, metà delle quali donne.
Un gruppo di 1250 donne con disturbi gastrointestinali ha completato un sondaggio online nel quale si chiedeva la presenza e la gravità di prurito, ustione o irritazione vulvare o vaginale, secrezione o secchezza vaginale e dolore vulvovaginale. Su 512 donne, il 41%, hanno riportato almeno 1 sintomo vulvovaginale moderato-severo, sottolineando per altro quanto la condizione di disagio segnalata influenzasse in maniera negativa la salute sessuale.
Il ruolo della nutrizione
«A soffrire di sindromi intestinali croniche sono spesso donne che presentano una iperreattività delle fibre nervose che conducono il dolore: lo stato infiammatorio determinato dalle malattie intestinali come il colon irritabile acuisce questa sensibilità scatenando un quadro doloroso che coinvolge anche la vulva» conferma la dottoressa Grieco.
In presenza di disturbi gastrointestinali risulta ancora una volta molto chiaro quanto sia importante, sempre nell’ambito di un intervento multifattoriale, agire anche sul fronte della nutrizione. «Occorre comunque fare subito una precisazione» continua l’esperta «La complessità di un quadro clinico che coinvolge diversi apparati che vanno da quello gastro-intestinale a quello genitale suggerisce di procedere con molta cautela: non esistono diete standard, prescrizioni alimentari uniche ma è fondamentale che anche dal punto di vista nutrizionale venga steso un piano di intervento personalizzato valutando la situazione nella sua globalità.
Oltre alla vulvodinia, infatti, possono essere presenti anche sensibilità al glutine, intolleranze o allergie di cui è basilare tenere conto in un percorso nutrizionale individuale. Attenzione in modo particolare al fai-da-te: diete spesso non equilibrate, l’eliminazione o al contrario l’introduzione di particolari cibi, se non motivate da una precisa prescrizione medica, non sortiscono effetti positivi ma al contrario possono essere persino controproducenti in caso di vulvodinia».
Come comportarsi a tavola
«Fermo restando che sia sempre necessario un intervento ad hoc per affrontare la vulvodinia e i disturbi gastrointestinali ad essa associati, si possono comunque individuare alcune linee guida che consentono di riorganizzare la dieta in modo che possa essere funzionale al mantenimento o al ripristino dell’equilibrio della flora batterica intestinale che, se alterata, è coinvolta nel dolore cronico nonché alla riduzione dell’infiammazione correlata a un aumento del dolore, del bruciore e della secchezza vaginale» precisa la dottoressa Grieco.
Mantenere l’alvo regolare. In questa direzione la nutrizionista suggerisce di evitare diete rigide che favoriscono la stipsi così come un consumo eccessivo di tè, sia quello nero che quello verde entrambi ricchi di acido tannico, sostanza astringente che tende a “bloccare” l’intestino.
Bere resta comunque importante: il consiglio è quello di preferire un’acqua naturale bicarbonato-calcica, consumandone almeno un litro e mezzo, due durante la giornata. Via libera anche alle tisane mentre è opportuno limitare i caffè ed evitare le bevande gassate.
Per favorire l’equilibrio della flora batterica intestinale è importante inserire nella dieta quotidiana alimenti ricchi di probiotici come il kefir. È possibile ovviamente valutare anche la possibilità di supportare l’intestino con fermenti lattici specifici.
Sempre nell’ottica di contenere lo stato infiammatorio generale e quindi anche i disturbi gastrointestinali è importante ridurre il consumo di zuccheri semplici privilegiando i carboidrati complessi. Tra i cereali la nutrizionista suggerisce di preferenza il riso, il grano saraceno, il kamut, il farro non perlato, l’orzo da condire sempre con olio extravergine di oliva.
Le verdure restano parte fondamentale della dieta. Il suggerimento della dottoressa Grieco è però quello di evitare spinaci, bietole, barbabietole perché ricchi di acido ossalico. Altre verdure irritanti che sarebbe opportuno limitare sono i peperoni, i cavolini di Bruxelles, i broccoletti nonché spezie come il pepe e il curry. Tra le verdure preziosa invece la lattuga, valida alleata della salute intestinale non solo per il suo contenuto di fibre ma anche per la sua azione rinfrescante nonché per le sue virtù sedative e calmanti.
Per contenere l’infiammazione e i disturbi gastrointestinali sono da evitare i cibi lavorati industrialmente nonché quelli che contengono alte percentuali di sodio e di glutammato come insaccati, alimenti in salamoia, dadi, salsa di soia che possono scatenare episodi di cefalea e inasprire la condizione dolorosa.
Tra le carni sono da previlegiare quelle da allevamenti non intensivi, da cucinare nel modo più leggero possibile, con minima aggiunta di grassi. Il pesce è sempre una buona scelta optando per i pesci di pezzatura piccola in particolare il pesce azzurro ricco di Omega 3 funzionali a contenere l’infiammazione. Contiene Omega 3 anche la frutta secca con preferenza verso nocciole e pistacchi.