Atrofia vulvo-vaginale e vulvodinia: 2 problemi, una cura

È un quadro molto complesso, quello dell’atrofia vulvo-vaginale. Secchezza, prurito, dolore ai rapporti sessuali, ma anche sintomi urinari come sensazione di peso nella parte bassa dell’addome, alterazioni nella frequenza e nell’urgenza minzionale, ematuria (sangue nelle urine), frequenti infezioni urinarie, disuria (difficoltà a urinare). Si tratta di una condizione spesso erroneamente ridotta a una semplice “secchezza intima”, ma che in realtà rientra in una patologia più ampia e sfaccettata: la sindrome genito-urinaria.

Atrofia vulvo-vaginale: cos’è e da dove nasce

Quasi sempre legata alla carenza di estrogeni conseguente alla menopausa (secondo alcuni studi può arrivare a interessare fino a otto donne su 10 in post-menopausa), l’atrofia vulvo-vaginale può comparire anche prima. «Esistono casi di ipoestrogenismo importante anche in ragazze di età giovane che, se predisposte, possono manifestare tali sintomi dopo aver fatto un uso protratto di contraccettivi ormonali a basso dosaggio o a causa di depilazioni totali che hanno modificato il loro pH e microbiota vaginale», conferma Monica Costantini, ginecologa.

Due i processi all’origine di questa condizione, che è cronica e tende a peggiorare nel tempo, in assenza di contromisure adeguate. Da un lato, un assottigliamento della mucosa vaginale che porta a una riduzione della vascolarizzazione, dell’elasticità e del grado di idratazione. Dall’altro, l’alterazione del pH vaginale legata a una riduzione della concentrazione dei Lactobacilli, i batteri che popolano la flora vaginale con funzione protettiva.

Atrofia vulvo-vaginale e vulvodinia: due facce della stessa medaglia

Sul fronte terapeutico ci sono molte valide opzioni e questa è una buona notizia soprattutto per le donne in menopausa che soffrono di vulvodinia. «In menopausa il dolore vulvare è molto spesso legato all’atrofia vulvo-vaginale», spiega la dottoressa Costantini. «Intervenendo su questa condizione con terapie ad hoc, si va a migliorare anche la problematica del dolore. La vulvodinia in menopausa è più frequentemente legata a ipoestrogenismo e in una buona percentuale di donne, trattando la causa ormonale, si va anche a trattare la vulvodinia».

Atrofia vulvo-vaginale: il farmaco d’elezione

Una delle terapie considerate più efficaci è l’ospemifene, un farmaco modulatore selettivo del recettore estrogenico. «Ha un’efficace attività simil-estrogenica a livello di vulva e vagina, con effetto di ringiovanimento dei tessuti, senza però stimolare la crescita dell’endometrio e senza effetti sulla mammella, perché agisce su recettori diversi», spiega la specialista.

«È un’opzione interessante per due motivi: innanzitutto non è a base di ormoni ma ha gli stessi benefici di una cura ormonale, inoltre si prende per bocca, una volta al giorno, in modo continuativo. La via di assunzione orale e la sua azione simil-ormonale lo rendono unico nel trattamento dell’atrofia vulvo-vaginale».

Dagli studi si è visto che va ad agire sull’epitelio vaginale aumentando la lubrificazione e lo spessore della mucosa, riducendo il pH e migliorando il trofismo e l’elasticità dei tessuti.

I dispositivi medici: la spermidina

«È importante ricordare tuttavia che i risultati più efficaci si ottengono sempre alternando o associando i vari presidi terapeutici a disposizione», conclude la ginecologa, «compresa l’applicazione locale di creme e gel ad azione trofica e idratante, molto utili in caso di atrofia vulvo-vaginale perché aiutano a migliorare il trofismo dei tessuti riducendo secchezza e dolore».

La spermidina in particolare agisce sul trattamento dell’atrofia, anche associata alla vulvodinia,  grazie a diversi meccanismi d’azione:

Rigenerazione tissutale: può promuovere la rigenerazione delle cellule epiteliali vaginali, contribuendo a migliorare lo spessore e l’elasticità dei tessuti vaginali.

Miglioramento della funzione mitocondriale: favorisce la salute mitocondriale, che è cruciale per la produzione di energia cellulare e la vitalità dei tessuti. Un miglioramento della funzione mitocondriale può aiutare a contrastare gli effetti degenerativi dell’atrofia vaginale.

Effetto estrogeno-simile: sebbene non sia un sostituto degli estrogeni, la spermidina può interagire con i percorsi di segnalazione cellulare che sono influenzati dagli estrogeni, migliorando potenzialmente i sintomi dell’atrofia.

Effetti antiossidanti: riducendo lo stress ossidativo, aiuta a proteggere i tessuti vaginali dai danni cellulari e dall’invecchiamento precoce.

Autofagia: la spermidina è nota per indurre l’autofagia, un processo di rimozione delle cellule danneggiate e dei componenti cellulari disfunzionali. Questo potrebbe aiutare a mantenere l’integrità cellulare e ridurre il danno tissutale nella regione vulvare.

Inoltre, in presenza di dolore vulvare, può modulare la risposta infiammatoria riducendo la produzione di citochine pro-infiammatorie. Questo effetto potrebbe alleviare il dolore e l’irritazione associati alla vulvodinia. Inoltre può influire sulla trasmissione del dolore nel sistema nervoso centrale e periferico, potenzialmente modulando i percorsi neuropatici.