Atrofia vulvo-vaginale, si può prevenire?

È importante innanzitutto inquadrare la questione. «L’ atrofia vulvo-vaginale è una affezione femminile che consiste in un assottigliamento della parete della vulva e della vagina che si associa a un’infiammazione e a una riduzione della lubrificazione tissutale, della resistenza della mucosa e della sua capacità di svolgere attività di protezione» spiega la dottoressa Elisabetta Colonese, specialista in ginecologia ed ostetricia presso Fertility Clinic di Milano.

 

Elisabetta Colonese vulvodinia
Dott.ssa Elisabetta Colonese

Un intervento tempestivo

«È importante tenere conto del fatto che l’atrofia vulvo-vaginale se non viene inquadrata e gestita si configura come una patologia che tende a peggiorare con il tempo» precisa la ginecologa. Anche se in molti casi è legata a un processo fisiologico dovuto al passare del tempo, va sempre tenuto presente che può comunque essere tamponata e rallentata nel suo corso, se trattata tempestivamente e nel modo corretto.

«Ecco perché è importante riconoscere i sintomi e comunicarli subito al ginecologo in modo tale che possa essere messa in atto la soluzione più idonea al caso» precisa la ginecologa. Questi i campanelli di allarme che possono segnalare la presenza di una condizione di atrofia vulvo-vaginale.

Il prurito. «Intenso e costante, è uno dei sintomi classici dell’atrofia vulvo-vaginale» precisa l’esperta. «Può essere a sua volta la causa di lesioni da grattamento che inducono dolore e sanguinamento, nonché sovra infezioni batteriche poiché la soluzione di continuo tra l’esterno e la mucosa interrotta diventa terreno fertile per infezioni secondarie».

Attenzione che in alcuni casi il prurito viene scambiato per un’infezione da candida e questo porta le donne a mettere in atto cure fai da te che non fanno altro che peggiorare la situazione. «Si rischia infatti di apporre terapie inadeguate su un tessuto fragile o spaccato e questo finisce per accentuare prurito e dolore, scatenare edema e bruciore con successivo rigonfiamento dei genitali al punto tale che diventa doloroso anche il solo contatto con l’acqua o con le mutandine arrivando fino all’impossibilità persino di compiere semplici attività quali la deambulazione e lo stare sedute» commenta la ginecologa.

La dispareunia. «Il tessuto infiammato provoca una sensazione urente di calore e gonfiore, associata spesso a microlesioni che rendono doloroso, a volte persino impossibile, il rapporto sessuale» spiega la dottoressa Colonese. «Il normale traumatismo legato al coito crea escoriazioni e spaccature del tessuto che tende a sanguinare: l’atrofia vulvo-vaginale finisce così per avere ripercussioni negative nell’ambito sessuale e nei rapporti di coppia, proprio come succede in caso di vulvodinia, scatenando sensi di colpa e pensieri di vergogna e inadeguatezza».

Le cistiti ricorrenti. «ll tessuto assottigliato anche a livello della uretra può spaccarsi e presentare micro tagli che diventano luogo di entrata di batteri che possono risalire dalla uretra e finire in vescica provocando le cistiti batteriche» precisa la ginecologa. «Senza dimenticare che l’atrofia vulvo-vaginale può essere anche alla base della stragrande maggioranza delle cistiti abatteriche cioè non sostenute da batteri ma dovute alle stesse lesioni dolenti e aperte a livello del meato uretrale».

Le cause dell’atrofia vulvo-vaginale

Sono diverse le cause che possono provocare l’atrofia o comunque accelerare il processo di atrofizzazione del tessuto. «Alcune si legano al fisiologico calo degli estrogeni che si ha in perimenopausa, in menopausa oppure in situazioni particolari come l’assenza di ciclo mestruale e l’uso di contraccettivi estroprogestinici a basso dosaggio» spiega la ginecologa.

«A queste si aggiungono condizioni patologiche legate a malattie autoimmuni oppure infettive come le vaginiti. Favoriscono l’atrofia il ricorso alla radioterapia così come l’impiego di terapie topiche scorrette, spesso auto-prescritte. Da ultimo possono entrare in gioco anche un’igiene intima poco curata o sbagliata e l’abuso di lavande».

La prevenzione

Il fisiologico processo di atrofizzazione dovuto all’età, che può essere più o meno accentuato da soggetto a soggetto, può essere rallentato con una serie di azioni volte a mantenere il trofismo della parte. In parole semplici, come si può mettere un freno all’invecchiamento della cute del viso o di altre parti del corpo, così di può fare con la mucosa vaginale.

«Possono essere utili al proposito soluzioni come il laser CO2 vaginale teso a migliorare il trofismo non solo della mucosa vaginale e vescicale ma anche dei legamenti del pavimento pelvico» commenta l’esperta.

«Un’altra strategia preventiva è rappresentata dalla radiofrequenza endovaginale: prevede l’introduzione in vagina di un manipolo lubrificato che emette radiofrequenza monopolare a 360° e che determina una temperatura sulle pareti vaginali attorno ai 41°C; senza provocare dolore e senza danneggiare il tessuto, il calore stimola la formazione di elastina e di collagene reticolare di tipo 3, si può definire come il collagene giovane, migliora la lubrificazione e l’elasticità vaginale». Laser e radiofrequenza sono utili anche quando l’atrofia è già presente, in fase di premenopausa o di menopausa.

L’importanza della terapia topica

«I prodotti topici, che vengono usati per le parti esterne di perineo e vulva, clitoride e regione anale, hanno funzione di inumidire, elasticizzare e umettare la zona e sono un presidio prezioso nel trattare l’atrofia vulvo-vaginale» commenta la dottoressa Colonese. Si tratta di formulazioni a base, ad esempio, di acido ialuronico fortemente idratante, in grado di migliorare lo spessore e l’elasticità dei tessuti vaginali.

«In alcuni casi, quando non ci siano controindicazioni, si può agire a livello ormonale ricorrendo alla terapia ormonale topica a base di estrogeni con l’impiego di ovuli, creme, gel o anello, da applicare localmente a livello vaginale e vulvare» precisa l’esperta. «Qualora invece in menopausa l’atrofia vulvo-vaginale sia molto marcata una valida strategia d’intervento prevede l’associazione del prodotto topico con ospemifene, un farmaco da assumere per bocca modulatore selettivo del recettore estrogenico. Qualora poi in menopausa si presentino altri sintomi oltre all’atrofia può sempre essere contemplato il ricorso, in assenza di controindicazioni relative o assolute, alla terapia sostitutiva ormonale, da valutare caso per caso».

Un’osservazione attenta va riservata alle pazienti più giovani. «Qualora presentino un’iniziale atrofia vulvo-vaginale legata all’assunzione della pillola estroprogestinica si può invece valutare la sostituzione con un contraccettivo a base progestinica (mini pillola o spirale progestinica) oppure a un cambio del contraccettivo estroprogestinico a favore di uno che abbia un dosaggio estrogenico un poco più sostenuto» commenta la dottoressa Colonese.

Le buone abitudini aiutano

Per prevenire l’atrofia, come del resto molti disturbi a carico della zona vulvare e vaginale, una corretta igiene intima gioca un ruolo chiave. «Così come la sana abitudine di non procedere da sole in gesti di autocura che possono essere più dannosi che risolutivi: per tutte le problematiche che ruotano attorno alla delicata area dell’apparato genito-urinario rivolgersi a un professionista medico è l’unica strada per arrivare a una diagnosi corretta e a un piano di cure adeguato» conclude la ginecologa.