Atrofia vulvo-vaginale in menopausa: come contrastarla?

L’atrofia vulvo-vaginale in menopausa è una condizione complessa, che rientra in una patologia, la sindrome genito-urinaria, che comprende diversi sintomi molto frequenti in menopausa, infatti coinvolgono almeno una donna su due secondo le stime più recenti.

Atrofia vulvo-vaginale in menopausa: i sintomi

«I sintomi dell’atrofia vulvo-vaginale in menopausa, che tendono ad aumentare e cronicizzarsi con l’andare del tempo, da un lato riguardano la sfera vaginale e comprendono secchezza, arrossamento, prurito, bruciore, irritazione e fastidio, dolore ai rapporti sessuali, perdite», elenca Monica Costantini, ginecologa. «Dall’altro, come dice appunto il nome, non risparmiano neppure l’apparato urinario, in quanto possiamo riscontrare una sensazione di peso nella parte bassa dell’addome, alterazioni nella frequenza e nell’urgenza minzionale, ematuria (sangue nelle urine), frequenti infezioni urinarie, disuria (difficoltà a urinare)».

Atrofia vulvo-vaginale in menopausa: le cause

Cosa succede? Come si legge nel nuovo libro di Rossella Nappi, ginecologa, endocrinologa e sessuologa, Vivere bene in menopausa (2024, Fabbri Editori), «diminuisce il livello di idratazione all’interno della vagina, condizione spesso estesa anche ai tessuti esterni della vulva, che diventano più delicati e sensibili. La causa è il brusco calo degli estrogeni, che abbassa le nostre difese, rendendoci più esposte all’aggressione di agenti esterni, all’assalto di batteri intestinali che poi invadono l’apparato riproduttivo, ma anche di batteri dell’apparato genitale e urinario che, non più tenuti a bada dalle difese immunitarie e dal pH acido garantito dagli estrogeni, diventano responsabili di infezioni come vaginiti o cistiti.

La carenza di estrogeni comporta un impoverimento di collagene e fibre elastiche: non più nutriti, gli organi genitali si assottigliano, perdono elasticità e faticano a congestionarsi durante l’eccitazione, complici anche gli androgeni mancanti o in riserva. La conseguenza è un deficit di lubrificazione durante l’atto sessuale, causa di dolore e tensione durante i rapporti. Le cistiti ricorrenti, soprattutto dopo i rapporti, fino a 48-72 ore, sono strettamente legate a secchezza e dolore».

Atrofia vulvo-vaginale in menopausa: le conseguenze

«L’impatto che questa condizione ha sulle donne in menopausa può essere considerevole», commenta Costantini. «Molte temono i rapporti sessuali, e non di rado vi rinunciano del tutto: cala il desiderio e il rapporto con la propria sessualità non può che risentirne, a causa di questi disturbi, ma anche per le conseguenze della secchezza, in particolare il dolore alla penetrazione. Uno stato ansioso durante il rapporto può, a sua volta, portare a contrarre involontariamente la muscolatura pelvica che circonda il vestibolo vaginale, con ulteriore peggioramento del disagio e del dolore. In alcuni casi, i disturbi sono così acuti che le donne rinunciano persino ad attività quotidiane come fare sport o andare in bicicletta».

Atrofia vulvo-vaginale in menopausa: le terapie

«Bisogna intervenire a più livelli», prosegue Monica Costantini. «Fortunatamente i presidi terapeutici a disposizione sono diversi e possono essere combinati o alternati tra loro, in base alle singole esigenze e alla situazione specifica della donna». A livello ormonale, se non ci sono controindicazioni, si può ricorrere a formulazioni locali a base di estrogeni, sotto forma di ovuli, creme, gel o anello, da applicare localmente a livello vaginale e vulvare. Esistono diverse formulazioni: una delle più recenti è quella a base di deidroepiandrosterone (DHEA) in ovuli vaginali, efficace sul fronte secchezza e dolore agendo direttamente sui tessuti della vagina con effetti combinati, di tipo sia androgenico che estrogenico.

Utile può rivelarsi anche l’utilizzo di prodotti emollienti e idratanti per l’automassaggio del perineo, per esempio a base di acido ialuronico e spermidina: aiutano a distendere la muscolatura, nutrire i tessuti e riprendere “confidenza“ con il proprio corpo, restituendo lubrificazione e morbidezza, con una sensazione di confort e di agio. La spermidina in particolare è efficace nel trattamento dell’atrofia perché migliora lo spessore e l’elasticità dei tessuti vaginali con effetto estrogeno-simile. Inoltre, in presenza di dolore vulvare, può modulare la risposta infiammatoria riducendo la produzione di citochine pro-infiammatorie.

È possibile optare anche per una terapia ormonale per bocca a base di ospemifene, un farmaco modulatore selettivo del recettore estrogenico.  «Ha un’efficace attività simil-estrogenica a livello di vulva e vagina, con effetto di ringiovanimento dei tessuti, senza però stimolare la crescita dell’endometrio e senza effetti sulla mammella, perché agisce su recettori diversi», spiega Costantini.

In caso di sintomi particolarmente severi o in donne che non possono utilizzare terapie ormonali, sono disponibili anche approcci rigenerativi e di terapia fisica mini invasivi sviluppati nell’ambito della medicina estetica, come laser o radiofrequenza, che utilizzano il calore per rigenerare i tessuti, migliorare l’elasticità e la vascolarizzazione, con un vero e proprio effetto antietà, oppure il trattamento a base di ossigeno e acidojaluronico (caressflow)

Le buone abitudini

1. Cambiare detergente, utilizzando un prodotto che sia nutritivo per le mucose (a base oleosa) e abbia un’osmolaritá che rispetti quella naturale

2. Prendere l’abitudine di fare regolarmente esercizi di riabilitazione del pavimento pelvico.

3. Aprofittare dell’applicazione dei prodotti topici per fare un benefico e rilassante automassaggio: basta prelevare una piccola quantità di prodotto e applicarla sfiorandosi dolcemente, contraendo la muscolatura vaginale come se si dovesse trattenere dentro una pallina immaginaria e poi lasciarla cadere.