Patologia complessa, la vulvodinia richiede di essere affrontata su più fronti. «È proprio in questa ottica che l’osteopatia trova uno spazio all’interno delle diverse strategie che si possono mettere in atto per intervenire sul problema, alleviando la sintomatologia dolorosa fino a raggiungere la piena guarigione» spiega la dottoressa Daria Vescio, fisioterapista e osteopata a Pisa.
L’azione dell’osteopatia
Per capire il ruolo dell’osteopatia nel trattamento della vulvodinia occorre partire spiegando l’obiettivo di una valutazione osteopatica. «Che è quello di individuare la “disfunzione somatica”, espressione di un’alterazione dello stato di salute a seguito di eventi esterni oppure interni come possono essere ad esempio una patologia oppure un trauma» spiega la dottoressa Vescio. «Questa alterazione si manifesta a livello dell’apparato muscolo scheletrico con una sintomatologia dolorosa e/o con una ridotta mobilità».
Come opera quindi nel concreto l’osteopata? «Favorendo il ripristino della mobilità fisiologica a livello dei diversi sistemi, viscerale, fasciale, cranio-sacrale, muscolo-scheletrico, che agiscono in maniera sinergica e perfettamente coordinata per far funzionare al meglio l’organismo» continua l’esperta.
«La vulvodinia può essere associata a disfunzioni dell’apparato pelvico che presenta spesso una condizione di overactivity. L’intervento è funzionale al processo di guarigione, ovviamente, ma riveste anche un’altra importante funzione: far prendere coscienza alle donne innanzitutto del loro pavimento pelvico di cui spesso non hanno consapevolezza e dell’intera loro struttura corporea così che siano in grado di mettere in atto autonomamente meccanismi compensativi a livello muscolo-scheletrico, utili a tenere sotto controllo il dolore».
Come si procede
Come per qualsiasi altro trattamento che intervenga sulla vulvodinia, come del resto su qualunque altra problematica, anche per l’osteopatia il piano terapeutico viene studiato su misura della paziente partendo dalle valutazioni effettuate nel corso della visita iniziale. «Non esiste infatti un protocollo standard di trattamento osteopatico anche perché le varie manipolazioni, che coinvolgono principalmente il bacino, hanno come obiettivo quello di risolvere la disfunzione primaria che ovviamente non è per tutte la stessa».
Così come non è possibile parlare di un protocollo di intervento standard, non è possibile stabilire a priori il numero di sedute di osteopatia e fisioterapia di cui una donna affetta da vulvodinia può aver bisogno. «Non si tratta infatti solo di arrivare un miglioramento ma a una guarigione effettiva che si ha solo quando la sintomatologia dolorosa non si ripresenta neanche a distanza di tempo» commenta l’osteopata.
«La vulvodinia è una patologia neuropatica che facilmente si ripropone: si mantiene un’ottima memoria tissutale in un costante stato di eccitazione parziale o sottosoglia. Questo significa che, durante il percorso di guarigione sulla base di quello che viene definito meccanismo di facilitazione, è sufficiente anche uno stimolo a bassa intensità per innescare la scarica di impulsi che scatena il dolore.
Ecco perché, anche in presenza di uno stimolo sottosoglia, può accadere che i sintomi dolorosi della vulvodinia si ripresentino nel tempo, sia pur con minor intensità. L’obiettivo di un piano terapeutico articolato e personalizzato, in cui rientra anche l’osteopatia, dovrebbe quindi essere proprio quello di disinnescare del tutto questo meccanismo di facilitazione risolvendo ciò che lo mantiene in modo da raggiungere la completa guarigione».
Affrontare il problema a 360°
«Qualsiasi trattamento, che sia medico, fisioterapico che osteopatico, preso singolarmente, per quanto efficace ed eseguito secondo i più precisi dettami, non risulta mai risolutivo in caso di vulvodinia» continua l’esperta. «Per agire sui sintomi dolorosi e aiutare le donne a ritrovare quella condizione di vita serena che la vulvodinia preclude, è necessario muoversi su più fronti, in un’azione coordinata che massimizzi i risultati e tagli sui tempi dell’intervento».
Se l’osteopatia, infatti, pone l’enfasi sull’integrità strutturale e funzionale del corpo e sulla tendenza intrinseca del corpo ad auto-curarsi, è basilare l’integrazione nel piano terapeutico con la fisioterapia per la riabilitazione del pavimento pelvico nonché l’apporto della ginecologia per gli aspetti più prettamente medici e farmacologici.
Senza trascurare l’importanza di affrontare anche altri ambiti coinvolti nel problema come quello nutrizionale e psicologico . «In questa direzione si comprende quanto sia basilare un’attenta valutazione iniziale per intercettare dove e come sia necessario intervenire in modo che la donna venga presa in carico in maniera globale così da arrivare alla guarigione» spiega l’esperta. «Perché va sempre tenuto presente e va sempre ricordato alle donne che ne soffrono che di vulvodinia si può guarire».