Vulvodinia, il calore aiuta

Quando si soffre di vulvodinia basta poco per ricadere nel dolore ma qualcosa si può sempre fare per evitare che succeda. «Un grande supporto in questa direzione è quello offerto dal calore» spiega la dottoressa Zofia Anna Zawirska, fisioterapista, esperta di riabilitazione del pavimento pelvico presso il Centro Salute Pelvi di Torino.

Perché funziona

Il calore agisce in due direzioni principali:

Azione miorilassante: i muscoli si rilassano con il calore. «Nel caso di chi soffre di vulvodinia il pavimento pelvico spesso presenta un aumento del tono muscolare» precisa l’esperta. «Siamo quindi di fronte a una muscolatura rigida e contratta, sia internamente che a livello esterno, che contribuisce ad amplificare la sensazione di dolore cronico che caratterizza la vulvodinia: il calore, provocando una vascolarizzazione nell’area in cui viene applicato e determinando così un maggior afflusso di sangue e di ossigeno, aiuta a rilassare la zona con un beneficio diretto sulla riduzione del dolore».

Effetto analgesico: il dolore che contraddistingue la vulvodinia si definisce neuropatico perché legato a un’alterazione dei circuiti della sensibilità, in particolare le vie del dolore. «Il calore agisce sui termorecettori cutanei riducendo l’intensità della risposta allo stimolo doloroso e alleviando in modo particolare la sensazione di bruciore a livello vulvare».

Come si utilizza il calore

Ci sono vari modi per sfruttare il potere rilassante e analgesico del calore.

La borsa dell’acqua calda e il termoforo. «È il modo più semplice e al tempo stesso efficace per godere del benefico effetto del calore» commenta la dottoressa Zawirska. «È sufficiente applicare la borsa dell’acqua calda o il termoforo nella zona del basso ventre oppure a livello della vulva se il dolore si localizza nello specifico in quella parte. Attenzione però a non mettere mai l’oggetto riscaldante a contatto diretto con la pelle o con le mucose per evitare scottature: serve sempre la mediazione di un tessuto che può essere quello degli slip oppure di una salvietta morbida».

I vapori vaginali. «Anche il semplice sedersi sopra un bidet o un catino riempiti con acqua molto calda permette al vapore che si sprigiona di agire rilassando i muscoli e rendendo meno attivi i recettori nervosi così da attenuare lo stimolo doloroso» precisa l’esperta che suggerisce in questo caso di fare molta attenzione perché la vulva non venga in nessun modo in contatto con l’acqua bollente.

La doccia. Una doccia calda ha un’azione rilassante che è comunque meno decisa di quella che si ottiene applicando il calore direttamente sulla zona interessata da contrattura e dolore. Passare sotto il getto caldo può comunque essere una buona strategia qualora non si abbia a disposizione una borsa dell’acqua calda o non ci sia il tempo necessario per tenerla applicata sulla zona pelvica.

Quando e quanto? Le giuste precauzioni

«Il calore può essere un valido alleato delle donne che soffrono di vulvodinia in qualunque momento della giornata ma anche la sera per addormentarsi prima o la notte per far fronte al dolore che può insistere anche mentre si riposa» precisa la fisioterapista. «È prezioso anche nei giorni del ciclo: per molte donne le mestruazioni sono dolorose e in caso di vulvodinia il dolore mestruale accentua il dolore cronico della malattia. Il calore risulta in questo caso un presidio benefico che rompe questo circolo vizioso e allenta la sintomatologia dolorosa».

Calore, quindi, in ogni situazione ma sempre con criterio. «Sconsiglio di vivere con la borsa dell’acqua calda o con il termoforo costantemente appoggiato sulla zona pelvica come tendono a fare alcune donne che soffrono di vulvodinia. Meglio prevedere sessioni di terapia del calore della durata di 15 massimo 30 minuti da ripetere anche più volte al giorno ma sempre con un intervallo di almeno due, tre ore tra una e l’altra». Attenzione, infine, a non avvicinare troppo l’oggetto riscaldante alla zona anale qualora si soffra di emorroidi.