Vulvodinia, la cannabis terapeutica può essere utile?

La cannabis vanta una lunga storia di impiego come rimedio in diversi campi, anche quello ginecologico. Molte culture antiche, dalla Mesopotamia alla Grecia, dall’India alla Cina, dalla Persia e Roma, la impiegavano, spesso mescolata con altre sostanze come lo zafferano, la birra, il miele, per indurre il parto e come antidolorifico per trattare vari disturbi femminili, tra cui la dismenorrea, la sindrome premestruale e i crampi.

La cannabis può essere utile quindi nel trattamento della vulvodinia? Abbiamo rivolto la domanda al dottor Fabio Turco, chimico farmaceutico, neurogastrocannabinologo, direttore scientifico di Cannabiscienza.

Perché la cannabis può venire in aiuto

«La parte attiva della pianta di cannabis è rappresentata dalle infiorescenze femminili nelle quali si trovano la maggior parte dei costituenti attivi della pianta, i fitocannabinoidi (il THC, responsabile anche degli effetti psicotropi della pianta e il CBD che, al contrario, non ha effetti psicotropi), ma anche terpeni, flavonoidi e altri composti» continua l’esperto. «Un complesso di sostanze con diverse attività terapeutiche, alcune delle quali utili in caso di vulvodinia».

Controlla le sensazioni dolorose

«La cannabis ha da tempo mostrato la sua efficacia nel trattare il dolore cronico, specialmente se di natura neuropatica, spesso presente quando si soffre di vulvodinia» commenta il dottor Turco. «Il nostro organismo è dotato del Sistema Endocannabinoide, un sistema di comunicazione cellulare e di regolazione che svolge un ruolo attivo nel controllo delle sensazioni dolorose, soprattutto a livello del Sistema Nervoso Centrale.

Il Sistema Endocannabinoide è composto da recettori cannabinoidi, chiamati CB1 e CB2, presenti nel sistema nervoso centrale e periferico; l’organismo produce gli endocannabinoidi, molecole che si legano ai recettori CB1 e CB2 regolando attivamente alcune funzioni come l’infiammazione, la risposta immunitaria e la modulazione del dolore. Entrambi i costituenti principali della cannabis, il THC e il CBD sono in grado di modulare l’attività dei recettori del sistema endocannabinoide e quindi di alleviare il dolore neuropatico».

Agisce in funzione antiinfiammatoria

Nonostante le cause della vulvodinia siano molte e complesse, dagli studi condotti finora è emerso un legame con l’infiammazione» spiega l’esperto. «La cannabis e i suoi principali costituenti posseggono potenti e dimostrate attività anti-infiammatorie. L’azione sui recettori CB1 e CB2 e su altri componenti del Sistema Endocannabinoide è in grado, infatti, di ridurre il rilascio dei mediatori dell’infiammazione e di ridurre così il dolore dovuto a condizioni infiammatorie croniche».

Uno studio ne dimostra l’efficacia

La conferma degli effetti antinfiammatori della cannabis sulla vulvodinia arriva da un recente studio osservazionale sulla efficacia del Cannabidiolo (CBD) per uso topico. È stato condotto su 187 pazienti affette da vestibulodinia di età dai 18 ai 55 anni (80% affette da Vulvodinia) a cui è stato prescritto CBD in soluzione oleosa, da applicare con massaggio di vestibolo, piccole labbra, clitoride, a dosaggi crescenti, calibrati su ogni singola paziente.

I parametri oggettivi misurati sono stati lo Swab test positivo e la valutazione dell’ipertono muscolare vulvo-perineale con osservazione e test digitale; i parametri soggettivi valutati sono stati invece il bruciore/dolore spontaneo con uno score 0–10, il bruciore/dolore provocato sempre con uno score 0-10 e la dispaurenia, il dolore ai rapporti sessuali penetrativi (https://stopvulvodinia.com/esperti-vulvodinia/vulvodinia-la-ginecologa/), valutato da 1 a 4 in base alla Scala di Marinoff (0 – 1 – 2 – 3).

Le valutazioni fatte a 3 e 6 mesi di impiego del CBD hanno mostrato come sia i sintomi oggettivi che quelli soggettivi siano risultati progressivamente attenuati in tutti i cinque parametri presi in esame. In particolare, per quanto riguarda la dispareunia se il 78% dei soggetti si collocava inizialmente sul livello massimo della Scala di Marinoff (score 3 ovvero impossibilità di rapporto penetrativo), dopo 6 mesi ben l’87% si trova al livello 0.

Come si impiega nella vulvodinia

«I preparati ad uso topico come creme, unguenti, gel oppure olii a base di CBD, possono essere di valido supporto per lenire i sintomi locali della vulvodinia» spiega l’esperto. «Si massaggiano sulla zona interessata e si possono anche utilizzare come lubrificanti durante i rapporti sessuali per ridurre il dolore e migliorare il comfort. Si tratta di preparati in genere ben tollerati che non danno luogo ad azioni sistemiche e che, proprio per questo, si possono impiegare quotidianamente oppure solo al bisogno».

I gel a base di cannabidiolo possono essere veicolati anche attraverso l’elettroporazione, una tecnica che impiega micro-impulsi elettrici e vibrazioni indolori ed innocue per permettere una penetrazione in profondità dei principi attivi rendendoli ancora più disponibili e quindi più efficaci.

L’efficacia terapeutica della procedura è stata oggetto di valutazione da parte di uno studio condotto dal professor Filippo Murina di cui si attendono i risultati.