Lichen scleroatrofico: può andare di pari passo con la vulvodinia?

Il Lichen scleroatrofico è una patologia infiammatoria cronica della pelle, poco conosciuta ma piuttosto diffusa (si calcola che ne soffrano 2 donne su 100) che colpisce nel 90% dei casi le aree genitali e perianali. La condizione è attualmente considerata come una malattia autoimmune che si verifica in soggetti geneticamente predisposti. Presenta un quadro complesso e in alcuni casi può essere presente insieme alla vulvodinia.

Di cosa si tratta

«Il Lichen scleroatrofico o Lichen sclerosus (LS) ha carattere cronico recidivante» precisa il dottor Francesco Casabona, specializzato in chirurgia plastica ricostruttiva consulente presso l’ICLAS di Rapallo (Genova). «Interessa soprattutto cute e mucose dell’area ano-genitale sia femminile che maschile provocando una progressiva sclerosi, atrofia e ulcerazione dei tessuti coinvolti con formazione di esiti cicatriziali di varia entità accompagnati da una sintomatologia dolorosa fortemente invalidante, sia dal punto di vista funzionale che psicologico».

Chi colpisce

Le donne sono maggiormente interessate alla patologia che colpisce il sesso femminile in un rapporto 6 a 1: si manifesta in genere sopra i 50 anni ma non risparmia le più giovani, persino le bambine. Il LS può essere localizzato nell’area vulvare o, più frequentemente, espandersi alle regioni vicine interessando i solchi interlabiali, le piccole labbra, il perineo e la regione perianale.

L’area vulvare può apparire diffusamente biancastra, con aspetto madreperlaceo-avorio, sovente intervallata da aree bianche rilevate a superficie irregolare, segno di una spiccata ipercheratosi. Spesso si evidenziano erosioni e/o ulcerazioni, edema clitorideo, piccoli ematomi e telangectasie, esito del continuo grattamento. «L’ evoluzione della malattia può portare a modificazioni dell’anatomia vulvare con la scomparsa, parziale o totale, delle piccole e grandi labbra e del clitoride, inglobato nell’ispessimento del tessuto» precisa l’esperto.

Come si manifesta il lichen scleroatrofico

I sintomi più frequenti del LS sono il prurito, soprattutto notturno, presente in circa il 75% dei casi e il bruciore causato dalle abrasioni dovute al continuo grattarsi. Le pazienti possono inoltre avvertire bruciore alla minzione e accorgersi di minimi sanguinamenti a livello delle fissurazioni e delle abrasioni. Molto frequente è il dolore durante i rapporti sessuali, conseguenza della stenosi dell’introito vaginale.

Secondo recenti studi, il dolore durante i rapporti e la comparsa di piccole fissurazioni vulvari in seguito all’attività sessuale sono proprio i primi segnali della malattia nelle donne in età fertile.

Le cause

Complesso stabilire l’origine del lichen scleroatrofico. Nel corso dei decenni sono stati chiamati in causa patologie flogistiche croniche, fattori endocrini, malattie metaboliche, fattori genetici. Le alterazioni immunitarie locali comunque giocano il ruolo più importante. Negli ultimi studi è emersa anche una certa familiarità: nonostante nessun gene sia stato ancora individuato, si è notato come in alcune famiglie vi sia una maggiore incidenza di questa patologia.

Il rapporto con la vulvodinia

Il dolore vulvare può nascere da malattie specifiche e tra queste va annoverato anche il lichen scleroatrofico. Oppure può costituire una patologia a sé come nel caso della vulvodinia, generalizzata o localizzata. Non a caso la diagnosi di vulvodinia avviene per esclusione: i genitali esterni appaiono nella norma, senza alcuna alterazione visibile, non sono presenti segni di infiammazione o secrezioni ma è presente dolore vulvare da almeno 3-6 mesi.

Nel lichen scleroatrofico invece la diagnosi si basa sull’osservazione delle cicatrici e delle lesioni che viene poi confermata dalla biopsia. In ogni caso vista la complessità del quadro di vulvodinia e la molteplicità di cause che possono generarla, non è da escludere che vulvodinia e LS possano presentarsi sulla stessa paziente creando una condizione ancora più difficile e complessa da gestire, sia per la donna che per il professionista.

Lichen scleroatrofico e vulvodinia condividono infatti la difficoltà nella diagnosi e nella cura: spesso le pazienti passano anni prima che venga loro diagnosticata una o l’altra delle patologie, anche perché entrambe le patologie possono essere confuse con semplici infezioni genitali e di conseguenza non trattate in modo adeguato.

Il rapporto con la vestibolite vulvare

Il prurito e il dolore dovuto al lichen scleroatrofico possono causare anche una contrazione difensiva del muscolo elevatore dell’ano che circonda la vagina: questo può comportare un restringimento dell’entrata vaginale e, in presenza di ripetuti tentativi di penetrazione durante il rapporto sessuale, predisporre ad abrasioni che a loro volta possono contribuire all’insorgenza della vestibolite vulvare, un problema che si diagnostica spesso in comorbilità con il lichen scleroatrofico.

«Si conferma ancora una volta come nel caso di patologie complesse che interessano l’area vulvare sia fondamentale un approccio multidisciplinare e multispecialistico che coinvolga ginecologo, dermatologo, urologo e chirurgo plastico» precisa il dottor Casabona. «La diagnosi precoce per altro è basilare per evitare la degenerazione in neoplasia vulvare che interessa dal 4 al 6% delle donne che soffrono di LS».

Come si interviene

«Il trattamento di elezione per il lichen scleroatrofico resta quello con corticosteroidi ultrapotenti, a uso topico» commenta l’esperto. «L’utilizzo prolungato di questi farmaci, però, può provocare effetti collaterali che possono peggiorare l’atrofia dei tessuti».

Dal momento poi che il lichen scleroatrofico è una malattia duratura che colpisce anche le donne più giovani, negli ultimi tempi è stata posta l’attenzione sull’importanza di riportare i tessuti ad una condizione ideale, per permettere la ripresa di una vita normale, sia dal punto di vista sessuale che dell’eventuale decisione di intraprendere una gravidanza. La medicina rigenerativa rappresenta così un nuovo fronte di intervento con significativi vantaggi terapeutici.

«Utilizza particolari cellule presenti nell’organismo, dette staminali non specializzate, dotate però della capacità stimolare la guarigione delle ferite e la ricostruzione dei tegumenti» continua il dottor Casabona. «Le cellule vengono prelevate con una siringa dal tessuto adiposo, solitamente dell’addome; il campione viene preparato in sala operatoria e viene iniettato nel tessuto danneggiato.

Si può anche procedere con l’infiltrazione mediante siringa separata, del plasma ricco di piastrine dopo aver prelevato un piccolo quantitativo di sangue della paziente stessa che viene preparato mediante semplice centrifugazione. Questo concentrato, detto PRP, viene iniettato nella zona della lesione». Entrambe le procedure si effettuano in day hospital, in anestesia locale con sedazione e hanno una durata di circa 30 minuti. «Nelle settimane successive si assiste a un miglioramento nei tessuti e nei sintomi» precisa l’esperto.

«Molto utile e importante affidarsi dopo gli interventi alle mani di esperti fisioterapiste o ostetriche per la riabilitazione del pavimento pelvico. Anche il supporto psicologico è indicato in particolare per le più giovani che subiscono un vero e proprio trauma per i sintomi della patologia e per i risvolti emotivi e relazionali».