Igiene intima e vulvodinia: occhio a questi 5 errori

L’igiene intima costituisce un capitolo importante nella cura della vulvodinia  Molto diffuse, infatti, sono le pratiche fai-da te spesso apprese online e apparentemente innocue, che possono invece alterare la microflora e il pH dell’area genitale con effetti deleteri sull’equilibrio vulvovaginale.

Ne parla anche la sessuologa Roberta Rossi nel suo ultimo libro, Cosa può andare storto: Affrontare imprevisti e difficoltà nel sesso, per riscoprire il piacere, scritto insieme a Giulia Balducci (Fabbri Editori, 2024): «Le difficoltà nella gestione del dolore, e nel trovare l’aiuto che serve, portano alcune donne ad adottare rimedi casalinghi, a volte bizzarri: c’è chi si spalma dello yogurt bianco sulla vulva, o utilizza il bicarbonato per lavarla. Purtroppo non aiutano a migliorare la situazione, anzi rischiano di peggiorarla e di rafforzare l’idea che non ci sia niente da fare».

Ecco gli errori più comuni in fatto di igiene intima e come arginarli:

1. Lavarsi più volte al giorno. Specialmente quando il bruciore si fa insopportabile, molte donne affette da vulvodinia avvertono il bisogno di “rinfrescarsi”. Ma i lavaggi eccessivi, o troppo aggressivi, possono aggravare l’infiammazione locale alterando il film idrolipidico di superficie che serve da protezione nei confronti delle aggressioni esterne. Meglio limitarsi a uno o due lavaggi al giorno, utilizzando un detergente delicato e non profumato, magari in olio o emulsione, a pH fisiologico (pH 5,0) e dalle proprietà emollienti e lenitive, ideali in caso di prurito, secchezza e arrossamento.

Per l’igiene intima, l’acqua deve essere leggermente calda: il calore aiuta a rilassare la muscolatura. Anche riscaldare la zona pelvica con borse calde o termofori ha lo stesso effetto, senza applicare però il calore sul basso ventre o direttamente a contatto con la zona vulvare. Dopo la detersione è importante asciugare bene l’area con una salvietta in cotone bianca e morbida, tamponando delicatamente senza strofinare.

2. Scegliere perizomi e mutandine di pizzo. Chi soffre di vulvodinia, purtroppo, oltre alle accortezze di igiene intima potrebbe dover essere costretta a ridurre, o a rinunciare, all’utilizzo di biancheria intima sexy, colorata e aderente, di tessuti diversi da cotone o seta, che sono i migliori a contatto con la pelle perché traspiranti e biocompatibili. È bene leggere attentamente le etichette della biancheria prima di acquistarla, per essere sicuri che si tratti di cotone al 100%, non trattato con tessuti sintetici ad azione elasticizzante come lycra o elastan.

È scientificamente provato infatti che il rischio di infezioni aumenta se la donna tessuti sintetici e artificiali che, ostacolando la traspirazione, alterano l’ecosistema vaginale. Ricerche cliniche dimostrano invece come un tessuto naturale, come la pura fibroina di seta, sia di particolare ausilio in caso di problematiche ginecologiche come vulviti recidivanti o il Lichen Sclerosus vulvare. L’ideale sarebbe non indossare affatto la biancheria intima durante la notte.

Anche body intimi, collant, pantaloni o jeans attillati sono da evitare perché esercitano una continua pressione sulla vulva. Meglio scegliere indumenti comodi e larghi, senza cerniere strette o cuciture rigide sul cavallo. Gli indumenti intimi vanno lavati accuratamente dopo ogni utilizzo con un detersivo delicato e non profumato.

3. Applicare deodoranti, profumi o altri cosmetici sulle zone intime. «Per rendere speciali i momenti intimi, è bene optare solo per lubrificanti non profumati o non aromatizzati, che non abbiano effetti di raffreddamento o riscaldamento, preferibilmente a base acquosa, per ridurre l’attrito e il rischio di abrasioni», spiega Roberta Rossi.

4. Indossare regolarmente salvaslip. L’abitudine di portare quotidianamente i salvaslip è stata più volte contestata dai ginecologi in quanto questi prodotti creano un ambiente caldo-umido favorevole alla proliferazione batterica. Per lo stesso motivo, a proposito di igiene intima, no anche alla carta igienica colorata, alle salviette umidificate usa-e-getta (che non prevedono risciacquo e asciugatura) e all’utilizzo eccessivo e non necessario di assorbenti igienici.

Da preferire, ai tamponi interni, i pannolini esterni in cotone al 100% (da cambiare con frequenza) o le coppette in silicone medicale biocompatibile (tollerato anche dalle pelli sensibili o allergiche), oppure optando per le moderne mutande mestruali in cotone stratificato, lavabili in lavatrice e riutilizzabili. Per le stesse ragioni è nocivo tenere indosso per troppo tempo il costume bagnato o gli abiti da allenamento sudati.

5. Depilarsi eccessivamente. Secondo uno studio del 2019 uscito su The Journal of Lower Genital Tract Disease, rimuovere i peli dalla zona del monte pube è un’abitudine associata a un aumento delle probabilità di soffrire di vulvodinia. Creme e gel depilatori possono contenere sostanze irritanti, mentre la depilazione integrale predispone a un maggior rischio di irritazioni dell’area.