La vulvodinia coinvolge tutto l’essere femminile, non solo il corpo ma anche la mente e, ancora più in profondità, la psiche, spesso a livelli inconsapevoli. Per questo rivolgersi a una disciplina come lo yoga, che si prende cura della persona nella sua interezza e unicità può rivelarsi molto utile.
C’è un’importante premessa da fare: quando si desidera provare questo approccio, è basilare far presente al proprio insegnante qual è il proprio problema, parlarne con lui e stabilire insieme un percorso. Questo perché ogni donna rappresenta un caso a sé e può aver bisogno di attenzioni differenti. Cristina Bernard, osteopata e fisioterapista, fondatrice di Omya Studio di Roma per il benessere psico-fisico, ha fortemente voluto creare un’equipe di professionisti che si occupasse di vulvodina e tra questi anche l’insegnante di yoga.
«Le donne che soffrono di dolore vulvare si sentono malfunzionanti. Anormali. E come se non bastasse, si sentono ansiose, frustrate e senza speranza per via della mancanza di informazioni e di supporto da parte di medici, terapeuti, partner, famiglia e amici» spiega Cristina Bernard. «Lo yoga offre una chiave di lettura molto importante, ma spesso trascurata, che è quella energetica, e insegna alla donna a indirizzare le proprie energie a livello del pavimento pelvico e a prenderne consapevolezza».
Lo yoga insegna ad ascoltarsi
«Lo yoga è in primo luogo una pratica di ascolto che, attraverso particolari posture (asana), esercizi di controllo dell’energia con il respiro (pranayama), momenti meditativi e le visualizzazioni conduce ad un livello di consapevolezza, auto-osservazione, riequilibrio energetico e benessere profondo anche in presenza di disagi intimi come la vulvodinia» spiega Dhenu Daniela Iacobelli, insegnante yoga.
Lo yoga che solitamente si consiglia per le donne affette da vulvodinia, è quello “classico” lo hatha yoga oltre allo yoga nidra per il rilassamento che induce. «Da evitare invece le versioni occidentalizzate, quelle troppo dinamiche e performanti, per intenderci» spiega l’insegnante.
Respirazione e rilassamento: due pratiche importanti
«Il lavoro che effettuo con ciascuna donna è innanzitutto quello di prendere consapevolezza del proprio pavimento pelvico. Poi utilizzo pranayama, ovvero tecniche di respirazione per favorire il rilascio della muscolatura. A seguire si possono effettuare alcune asana, sia statiche, che inducono il rilascio miofasciale, sia in movimento, che stimolano il flusso energetico dai muscoli ai tessuti connettivi. Con la pratica si possono eseguire anche delle sequenze armoniose per sviluppare la consapevolezza e la fiducia nei propri mezzi. Ogni lezione si conclude con la meditazione e il rilassamento profondo che aiuta a migliorare la percezione del dolore».
Eseguito in un contesto olistico, allo scopo di portare armonia e consapevolezza, lo yoga può portare solo benefici, come del resto hanno dimostrato anche gli studi. Una ricerca condotta nel 2017 su un gruppo di donne affetta da dolore pelvico cronico ha fornito prove preliminari sull’utilità di praticare yoga per autogestire il dolore e migliorare la qualità della vita e la funzionalità sessuale. Un altro studio su donne affette da dolore pelvico causato da endometriosi (che spesso si accompagna alla vulvodinia) ha dimostrato che la pratica di hata yoga produce una riduzione dei livelli di dolore e un miglioramento della qualità di vita.
Lo yoga nella vita di tutti i giorni
«La pratica dello yoga non si esaurisce nell’ambito della singola lezione, ma diventa un modo di affrontare la propria condizione in ogni momento della giornata acquisendo gli strumenti giusti. Perché consente alle donne di auto-osservarsi, di rendersi conto se stanno rilassando o contraendo i muscoli e se stanno respirando correttamente. Applicare le tecniche apprese, per esempio utilizzando la respirazione diaframmatica, fa diminuire il cortisolo, l’ormone dello stress, e di conseguenza riduce la contrazione muscolare» sottolinea Cristina Bernard.
«Nella nostra esperienza abbiamo osservato che molto spesso le donne affette dalla vulvodinia respirano male, il diaframma è posizionato in alto e questo perché cercano istintivamente una protezione dal dolore. La respirazione corretta e controllata grazie a pranayama è uno strumento potente per sciogliere le tensioni sia a livello del corpo che della mente».