Guarire dalla vulvodinia: la storia di Anna

Le parole sono messaggi. E quelle di Anna Venere, consulente di immagine, su Instagram come @annavenere3, sono un’iniezione di speranza per chi sta affrontando il cammino lungo e difficile della vulvodinia. Perché dicono con chiarezza che dal tunnel si può uscire, con tempo, pazienza, fatica e soprattutto con il supporto imprescindibile dei professionisti giusti e delle persone più vicine. Guarire dalla vulvodinia è possibile, e per raccontarlo, abbiamo chiesto ad Anna di raccontarci la sua storia partendo dall’inizio, da quando ha scoperto di soffrirne.

Anna Venere

Un dolore invalidante 

«Il punto chiave è proprio questo: si può guarire dalla vulvodinia solo nel momento in cui si riesce a dare un nome, preciso, scientifico, alla sofferenza che si sta vivendo» comincia a raccontare Anna. «Per me questo passaggio non è stato immediato come non lo è ancora oggi, purtroppo, per molte donne che soffrono di vulvodinia. Eravamo agli inizi degli anni 2000, ero giovane, studiavo in università e il dolore era così forte che mi impediva di camminare, di fare un bagno in mare, di indossare un paio di jeans, di avere rapporti sessuali penetrativi».

Per guarire dalla vulvodinia il primo passo è fare chiarezza

Fin qui la storia di Anna si allinea a quella di tante altre donne: la causa di tanto dolore veniva riportata a un’infezione da candida che in realtà nessun esame segnalava. Al posto della candida si potrebbe parlare di cistite ma il nocciolo della questione non cambia: si fanno diagnosi e si prescrivono rimedi andando per tentativi, senza inquadrare la reale natura del problema.

Eppure, a volte interviene il caso a dare una svolta. «Ero proprio nello studio della ginecologa che in quel momento mi stava curando, senza successo, quando ho letto su una rivista di moda un articolo che parlava della vulvodinia: mi sono riconosciuta a pieno nel quadro descritto e ne ho parlato subito alla dottoressa che, non avendo conoscenze in merito, si è limitata a suggerirmi un percorso psicologico, ulteriore tentativo senza frutto» continua Anna.

Dalla conoscenza alla guarigione

Qualcosa era cambiato però, qualcosa di molto importante. «Avevo dato un nome alla mia sofferenza» prosegue Anna. «Non c’è angoscia peggiore di non sapere qual è la malattia che ti procura così tanto dolore: è stato proprio in quel momento, quando ho capito con chiarezza di avere la vulvodinia, che la strada verso la risoluzione del problema, per quanto lunga e complessa, cominciava in ogni caso ad essere in discesa.

Ho cercato in Internet, sono entrata in contatto con diversi forum che affrontavano il problema, ho scoperto il nominativo di una ginecologa che se ne occupava e ho finalmente trovato in lei la professionista che poteva davvero aiutarmi e che lo ha fatto, accompagnandomi passo dopo passo nel percorso per guarire dalla vulvodinia».

Servono i giusti supporti per guarire dalla vulvodinia

Anna è convinta che non sia determinante precisare le cause che l’hanno portata ad ammalarsi e neppure le terapie che le hanno permesso di guarire dalla vulvodinia. «Ogni donna è diversa, diverse possono essere le ragioni che determinano un quadro complesso come quello della vulvodinia e diverse le strategie per farvi fronte» precisa Anna. «Quello che conta, e che vorrei fosse il mio messaggio per tutte le donne che attualmente soffrono di questa sindrome, è che si può tornare a vivere una vita serena, fisicamente, sessualmente, psicologicamente. Sì, si può guarire dalla vulvodinia.

Non è solo una malattia che interessa il fisico: è uno tsunami che ti travolge la vita, che ti fa sentire sbagliata, che ti fa vivere con un costante senso di colpa, che ti porta ad avere vergogna, a temere il giudizio degli altri. Ma, se la si guarda dall’altro lato, è anche una sorta di spartiacque che ti fa considerare le persone in maniera diversa, “misurandole” con il metro della sensibilità: la vulvodinia ha fatto allontanare da me due persone».

Raggiungere il pieno controllo di sé

La storia di Anna è la dimostrazione che guarire dalla vulvodinia è possibile, anche se si procede lentamente, tra successi e insuccessi, oggi con un passo avanti, domani con uno indietro. Ma l’Anna di oggi afferma con sicurezza di stare bene, a volte al 100%, qualche volta al 99%, altre ancora al 95%. «Oggi sono forte del fatto di avere un quadro chiaro della mia condizione e di sapere come affrontare e risolvere velocemente alcune situazioni di sofferenza che nel mio caso, ad esempio, riguardano una nevralgia del nervo pudendo che di tanto in tanto può risvegliarsi».

Un appello alle istituzioni

«In conclusione, posso dire di avercela fatta ma mi fa molta rabbia il fatto che, nonostante i tanti progressi nella conoscenza della patologia, ancora oggi la vulvodinia rimanga una malattia fantasma, per molti professionisti e per il Sistema Sanitario Nazionale che non se ne fa carico» continua Anna. «Ho avuto la fortuna di trovare una ginecologa di coscienza che conoscendo la necessità di visite frequenti, a volte anche tre a settimana, applicava un tariffario calmierato.

Non è sempre così e in ogni caso, farmaci, terapie, consulti, sedute costano moltissimo. Al carico fisico e psicologico che la malattia comporta si aggiunge così anche quello economico: fare in modo che la vulvodinia entri nei LEA (Livelli essenziali di assistenza) è fondamentale perché tutte le donne possano intraprendere un percorso di cura che le porti a guarire dalla vulvodinia e a ritrovare la piena serenità».