Uno studio pilota condotto da Filippo Murina, del Servizio di patologia vulvare dell’Ospedale Buzzi di Milano, ha indagato l’efficacia dell’elettroporazione vaginale nel trattamento della vulvodinia. Si tratta di una tecnica che consente di abbinare l’elettrostimolazione alla veicolazione, attraverso la mucosa vaginale, di sostanze in grado di concentrarsi in modo mirato nel sito di scatenamento del dolore, il vestibolo vaginale, riducendo l’incidenza di effetti collaterali tipici di molti farmaci sistemici o locali. «Nelle donne con vulvodinia si osservano principalmente due fenomeni», spiega il dottor Murina.
«Da un lato, la proliferazione delle terminazioni nervose nella mucosa vestibolare, come reazione di diversi fattori scatenanti, dall’altro la disfunzione dei muscoli del pavimento pelvico, contratti attorno alla parte distale della vagina, probabilmente come reazione al dolore persistente. È quindi necessario mettere a punto un piano terapeutico che vada ad agire su entrambi i fronti: in quest’ottica associare la TENS all’uso di farmaci può rivelarsi una strategia vincente».
I farmaci sistemici
La terapia farmacologica (topica od orale) è un pilastro della gestione della vulvodinia. Per quanto riguarda i farmaci da assumere per bocca, il principio attivo di riferimento è attualmente l’amitriptilina, un antidepressivo triciclico efficace nella modulazione del dolore attraverso vari meccanismi. Per questo, è considerato il gold standard per il trattamento di vari tipi di dolore neuropatico. I dosaggi comunemente impiegati sono variabili (da 30 a 100 mg), mentre la percentuale di risposta può avere un range tra 30 e 60%, a causa, principalmente, dei molti casi di non aderenza o di rinuncia alla cura (drop-out), a causa della comparsa di effetti collaterali sistemici quali ipotensione posturale o eccessiva sedazione.
Le creme anestetiche
Sul fronte dei preparati locali, invece, la molecola d’elezione è la lidocaina, un anestetico sotto forma di crema o gel che, applicato regolarmente, interrompe gli impulsi dolorosi e riduce l’amplificazione del dolore. Uno studio ha dimostrato che l’applicazione notturna a lungo termine di un unguento alla lidocaina al 5% è un’opzione valida di trattamento della vestibolite vulvare: le partecipanti hanno riportato infatti una riduzione del dolore quotidiano e di quello legato ai rapporti sessuali (dispareunia). Anche l’uso di anestetici locali a lungo termine non è però scevro da possibili reazioni negative: può causare prurito o sensibilizzazione, grave reazione e dermatite da contatto.
La TENS
La TENS o TransCutaneous Electrical Nerve Stimulation (stimolazione elettrica nervosa transcutanea) è una tecnica utilizzata per controllare diverse condizioni dolorose acute o croniche. Consiste nell’applicazione sulla cute di impulsi elettrici, che inibiscono le afferenze nervose coinvolte nella trasmissione nocicettiva. Utilizza correnti di frequenze differenti ed è oggi ampiamente utilizzata nel trattamento della vulvodinia, con un’elevata efficacia (75%) superiore al placebo.
L’elettroporazione vaginale
L’elettroporazione, attraverso l’applicazione di impulsi ad alta tensione, consente di “aprire“ i pori della membrana cellulare e veicolare così al suo interno molecole e principi attivi di dimensioni e caratteristiche tali da impedirne, normalmente, l’attraversamento. I preparati possono così raggiungere la cellula, dove vanno a esplicare la loro funzione terapeutica. Ha diversi vantaggi: aumenta il rilascio transdermico di farmaci con diverso ordine di grandezza, inoltre amplia la gamma di principi funzionali che possono essere rilasciati per questa via di somministrazione.
La veicolazione di principi attivi in sede vestibo-vaginale è resa ancora più agevole dal ridotto spessore dello strato epiteliale. I farmaci che l’elettroporazione vaginale può veicolare sono molteplici, ma soprattutto è possibile combinare più principi attivi a target terapeutico differente, creando una sorta di “infiltrazione virtuale” innocua, riproducibile ed in grado di garantire l’elevata biodisponibilità del farmaco dove è necessaria la sua massima azione.
Inoltre, l’elettroporazione vaginale consente la veicolazione di principi attivi in una sede dove in prevalenza vengono utilizzati prodotti topici. La penetrazione trans mucosa incrementa la persistenza del principio attivo svolgendo un’azione propedeutica all’impiego di prodotti somministrati per via topica.
Lo studio
«Il nostro studio ha valutato l’efficacia dell’elettroporazione vaginale nel trattamento della vulvodinia, attraverso un mix di due farmaci, amitriptilina (60 mg) e lidocaina (40 mg), abbinati alla TENS», spiega il dottor Murina. «L’obiettivo era raggiungere l’area di interesse clinico con una concentrazione elevata di principi attivi, superiore alla somministrazione sistemica, ma con un minor numero di effetti collaterali». Sono state coinvolte 17 donne con una diagnosi di vulvodinia: ciascuna ha ricevuto una sessione alla settimana di elettroporazione vaginale, per un totale di otto sedute, attraverso l’uso di una sonda dotata di una siringa pre-riempita con il prodotto in gel da veicolare nella mucosa vestibolare.
Risultati e conclusioni
I risultati suggeriscono l’efficacia dell’elettroporazione vaginale. I dosaggi dei farmaci impiegati sono stati elevati e nessuna donna ha sospeso il trattamento di elettroporazione per la comparsa di effetti collaterali. L’effetto sinergico della TENS ha ulteriormente contribuito al “riequilibrio” del sistema nocicettivo alterato. «La media di riduzione della sensibilità delle fibre nervose vestibolari è stata del 20% circa: ciò dimostra che il binomio TENS e farmaci funziona, nella gestione della disfunzione del sistema di percezione del dolore propria della vulvodinia», conclude lo specialista.
«La variazione dei sintomi non è molto elevata, ma è comunque statisticamente significativa: ciò potrebbe essere dovuto alla frequenza ridotta e al numero relativamente basso di sedute somministrate, mentre precedenti studi sulla TENS parlano di circa 20 applicazioni necessarie per vedere benefici rilevanti. Anche la dispareunia ha subito una lieve riduzione.
Non ci sono stati effetti collaterali rilevanti, a eccezione di un lieve bruciore transitorio nel 7% circa dei casi e di una sedazione passeggera nel 10% circa. Gli esiti del lavoro sono dunque promettenti e aprono la strada a ulteriori approfondimenti, per definire con maggior precisione il numero e la frequenza delle sedute necessarie e il mix di farmaci da utilizzare. Inoltre pone le basi per l’utilizzo dell’elettroporazione vaginale in altre problematiche vulvo-vaginali che necessitano la somministrazione locali di farmaci a elevate concentrazioni».