La dottoressa Anna Ghizzani, ginecologa e terapeuta sessuale, si occupa da anni di vulvodinia e dolore sessuale. Autrice del libro “Una carezza spinosa”, parla lungamente sul suo sito di questi argomenti, che per molte donne (e coppie) sono ancora tabù. «Io e i miei colleghi lavoriamo su vulvodinia e dolore sessuale da più di cinque anni presso il Laboratorio del dolore della Scuola di medicina di Siena», racconta.

«La maggior parte delle donne non ha idea del perché il contatto sessuale provochi dolore genitale. I loro partner, temendo il rifiuto o sentendosi responsabili, spesso diventano emotivamente distanti, creando una spirale negativa nella relazione. Per questo, come ogni problema legato alla funzione sessuale, questa condizione deve essere trattata a 360 gradi, con particolare attenzione alla sfera psicologica».
Vulvodinia e dolore sessuale
La specialista spiega come si presenta il dolore sessuale nelle donne che soffrono di vulvodinia. «Il dolore può emergere durante il primo rapporto, ma anche dopo, improvvisamente, dopo un lungo periodo di normale funzione sessuale. In altre parole, non c’è modo di prevedere quando potrebbe manifestarsi nella storia sessuale di una donna. Nel caso della vulvodinia, il sesso è doloroso senza una causa identificabile e la penetrazione è difficile, se non impossibile.
La donna sperimenta frustrazione e perdita del desiderio. A rendere tutto più difficile, la difficoltà di diagnosticarla: anche se è spesso possibile, per un occhio esperto, individuare rossore e sensibilità evidenti nella mucosa intorno all’entrata vaginale, i sintomi di vulvodinia possono esistere senza segni visivi apparenti, rendendo ancora più difficile capire di cosa si tratta».
Le conseguenze sulla sessualità
Per una coppia, sperimentare il dolore vuol dire rimettersi in discussione. «Qualsiasi condizione che interferisce con la funzione sessuale, sia da parte della donna che dell’uomo, porta con sé rischi di penetrazione dolorosa e perdita di interesse per il sesso», spiega Ghizzani. «Le coppie devono quindi trovare nuovi modi per soddisfarsi. Alcuni si adattano con successo ed esplorano l’amore senza penetrazione, altri sentono che manca qualcosa e rinunciano.
Nella mia esperienza, l’equilibrio di una coppia è messo quasi sempre a dura prova, per questo spesso sentiamo dai pazienti che ricevere la diagnosi di vulvodinia è quasi un sollievo, perché si apre una possibilità di terapia, magari un po’ lunga e complessa, ma la con la ragionevole speranza di essere curate. Tuttavia, ben presto i partner possono diventare nuovamente frustrati dalle difficoltà che incontrano e dalla mancanza di una soluzione efficace».
Vulvodinia e dolore sessuale: cosa fare?
La British Society for the Study of Vulval Disease incoraggia un regime terapeutico multilivello. «Nel corso degli anni, mi sono convinta che l’approccio più efficace è una combinazione di trattamento farmacologico, fisico e sessuologico», racconta la dottoressa, «mentre la chirurgia viene considerata come un estremo assoluto, quando ogni altro metodo è fallito. In generale, ritengo che il miglior approccio sia la terapia comportamentale focalizzata sul sintomo sessuale, poiché lavora direttamente sugli schemi comportamentali che sono abbastanza ripetitivi».
Il trattamento deve coinvolgere entrambi i membri della coppia: con un trattamento adeguato, la maggior parte delle coppie si riavvicina e adotta, con successo e appagamento, comportamenti sessuali nuovi. «Incoraggiamo le coppie a sviluppare la capacità di gestire l’ansia, a rimanere aperte a attività erotiche creative che non coinvolgono la penetrazione e a imparare a esprimere i propri bisogni senza colpevolizzarsi reciprocamente.
Abbiamo osservato che il risultato migliora notevolmente in pazienti che hanno una relazione ben equilibrata e un partner solidale. Le donne e i loro partner imparano anche a sviluppare buone abilità comunicative, in modo da condividere le loro reazioni e mantenere l’intimità emotiva».
La tecnica della focalizzazione sensoriale
Tra le varie tecniche, c’è quella chiamata Sensate Focus, o più semplicemente “legame di piacere”. «È una pratica ampiamente utilizzata per aiutare le coppie a riacquistare l’intimità fisica che si è persa a causa di un problema sessuale», spiega Anna Ghizzani. «Ai due partner viene chiesto di toccare i rispettivi corpi nudi secondo uno schema di progressione molto strutturato.
Questo porta la coppia a concentrarsi sulle emozioni intime che si ottengono semplicemente a toccarsi, senza preoccuparsi delle prestazioni sessuali. In questa fase, per mantenere la concentrazione, è strettamente vietato avere rapporti sessuali. Si possono abbinare gli esercizi all’uso dei dilatatori, per migliorare l’efficacia del trattamento: abbiamo constatato che questo approccio consente alla donna di acquisire un certo controllo sul dolore vaginale mentre torna ad avvicinarsi emotivamente al partner».