La storia di Fabiola

Fabiola, 30 anni

La causa della vulvodinia spesso si trova molto lontano da dove si manifesta il dolore. E solo un approccio multidisciplinare può scoprirlo. La storia di Fabiola ne è la prova.

Quando hai cominciato ad avere dolore?

Attorno ai 19-20 anni, senza che ci fosse una particolare causa scatenante. Avevo fitte dolorose, una sensazione molto fastidiosa di bruciore: in alcuni momenti la sintomatologia sembrava essere meno intensa ma potrei dire che vivevo in una condizione costante di dolore, senza pausa. Con ovvie limitazioni nella vita quotidiana: non mi sentivo mai a mio agio e non riuscivo ad essere serena.

Cosa hai deciso di fare allora per affrontare il problema?

Mi sono rivolta a una prima ginecologa che non è riuscita a dare un nome a quello che stavo attraversando e non ha messo in atto nessuna strategia di intervento che desse frutto. A questa visita ne è seguita una seconda da una ginecologa che è arrivata alla diagnosi corretta di vulvodinia senza però riuscire ad indicarmi, anche in questo caso, una cura che alleviasse i sintomi. Intanto il dolore continuava ad essere una presenza costante e la qualità della vita peggiorava.

Hai continuato quindi con le visite?

Certo, ho visto altri ginecologi; non solo però non ho avuto miglioramenti ma in alcuni casi, a seguito delle indicazioni dei professionisti, la sintomatologia dolorosa è diventata più intensa. È successo ad esempio quando mi è stato suggerito di eseguire una determinata sequenza di esercizi di Kegel che non hanno fatto altro se non irrigidire ancora di più il pavimento pelvico che in caso di vulvodinia invece deve essere rilassato. Anche i farmaci che mi venivano prescritti, dai miorilassanti alla pillola, dai sedativi agli antidolorifici, sortivano pesanti effetti collaterali che hanno complicato il quadro.

Cosa ti disturbava di più in tutte queste visite?

Oltre che la mancanza di una proposta di cura, il fatto che alcuni professionisti cercassero di attribuire la causa della vulvodinia a problemi inesistenti. E’ successo, ad esempio, quando una ginecologa sosteneva che tutto dipendesse da problemi relazionali che io non ho mai avuto. E ho percepito con chiarezza che anche la ginecologa che aveva saputo identificare il mio problema si trovava in una condizione di impotenza, impossibilitata a indicarmi la strada da percorrere per arrivare a una soluzione.

Mi accorgevo poi che, a differenza di quanto successo con gli specialisti che ho incontrato in seguito, i primi professionisti a cui mi sono rivolta non erano disposti ad ascoltare fino in fondo la mia storia, a fare le domande giuste per capire l’entità del dolore, quando e come si manifestava e così via.

Abbiamo capito, Fabiola, che non hai desistito…

Assolutamente no, perché la condizione di dolore non è sopportabile. Mi sono rivolta a questo punto a un ginecologo specializzato nel problema che ha analizzato subito con grande professionalità la situazione mettendo in atto una serie di misure che hanno cominciato subito a dare i primi, timidi frutti allentando il dolore.

Ma quando la situazione ha avuto una svolta?

Quando ho capito, anche su aiuto del ginecologo, che la mia condizione aveva bisogno di essere affrontata da un’angolatura diversa. O meglio da più angolature. Dopo i primi miglioramenti, infatti, ero giunta a una situazione di stallo che aveva necessità di essere sbloccata. Così grazie all’intervento di un professionista sono riuscita ad arrivare alla causa della mia condizione che risiedeva in un problema muscolo-scheletrico. Il dolore che provavo infatti si intensificava quando ero seduta.

Ascoltandomi con attenzione, il professionista a cui mi sono rivolta è riuscito a risalire al fatto che, probabilmente a seguito di una frattura di cui non mi ero neppure accorta e che non si era rinsaldata a dovere, il coccige aveva assunto una posizione non corretta e toccando i nervi scatenava la sintomatologia dolorosa. La causa della mia vulvodinia però non risiedeva solo lì ma si legava anche a problematiche dell’arco dentale che, provocando una condizione di costante tensione al collo, a catena si ripercuotevano fino alle zone intime.

Da lì la strada è stata tutta in discesa?

Certo, anche se con lentezza, passo dopo passo. Con alcune sedute di manipolazione il coccige ha ritrovato la sua corretta posizione mentre togliendo gli ottavi ho ripristinato una corretta masticazione e questo ha limitato il dolore non solo della vulvodinia ma anche quello al collo e alla schiena di cui soffrivo da sempre. Ho smesso di prendere la pillola che mi accentuava il quadro doloroso e sto progressivamente riducendo gli psicofarmaci con l’obiettivo di eliminarli del tutto.

E il dolore oggi come è?

Se nel corso della mia storia in una scala da uno a dieci era sempre stato dieci, oggi è uno.