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La Candida può essere la causa della vulvodinia?

Episodi ricorrenti di candidosi vulvo-vaginale possono scatenare dolore vulvare. L’associazione tra vulvodinia e Candida Albicans, un lievito normalmente presente sulle mucose genitali (ma anche nel cavo orale e nell’intestino) che, in determinate condizioni, può proliferare causando un’infezione, è ormai un fatto accertato.

«Il legame esiste», conferma la dottoressa Barbara Del Bravo, specializzata in ginecologia e ostetricia. «La candidosi recidivante ricorre nel 30% delle donne con vulvodinia, in particolare con vestibolodinia provocata, la forma più comune. Questo succede perché la vulvodinia è strettamente legata ai meccanismi naturali di difesa dell’organismo dalle infezioni da Candida».

Candida e dolore

«Si è notato che molte donne che in passato avevano sofferto di candidosi recidivante erano maggiormente soggette a dolore vulvare», prosegue la dottoressa Del Bravo. Secondo dati del Ministero della salute, circa due terzi delle donne in età fertile ha avuto almeno un episodio di candidosi vaginale nella vita.

Nel 4-5% dei casi, tuttavia, l’episodio acuto si trasforma in vaginite ricorrente cronica. «Si può parlare di Candida recidivante, ricorrente o cronica quando si hanno almeno tre o quattro episodi l’anno», chiarisce l’esperta. «Tuttavia, sempre di più si riscontrano casi in cui bastano sporadici episodi per scatenare la sintomatologia dolorosa».

Gli studi al proposito non sono molti. Uno in particolare, condotto sui topi, mostra con chiara evidenza come la vulvovaginite da Candida possa contribuire alla sviluppo di vestibolite vulvare in almeno una parte dei soggetti affetti. Infatti un sottogruppo di topi femmine sottoposti a infezione ricorrente da Candida albicans ha sviluppato allodinia meccanica localizzata alla vulva.

L’ipersensibilità e l’iperinnervazione erano presenti almeno tre settimane dopo la risoluzione dell’infezione. I ricercatori hanno concluso che l’infezione da Candida può causare dolore persistente molto tempo dopo la sua risoluzione e che l’infezione ricorrente da lievito è implicata nell’insorgenza del dolore vulvare.

Candida e vulvodinia: perché sono legate?

Qual è il meccanismo sotteso? Spiega Del Bravo: «La Candida determina inizialmente un’infiammazione acuta che, come in ogni processo infiammatorio, richiama nell’area interessata alcune cellule del sistema immunitario come i mastociti. Si tratta di grosse cellule che attaccano l’aggressore rompendosi in cellule più piccole e “degranulando“, cioè liberando sostanze come le citochine pro-infiammatorie. Aggredendo l’agente patogeno, tuttavia, queste cellule vanno a danneggiare le terminazioni sensitive, scatenando il dolore.

Questo succede soprattutto nelle donne con una suscettibilità genetica o che presentano fattori predisponenti alla vulvodinia: ricordiamo che questa patologia non è riconducibile a un unico meccanismo di causa-effetto, ma sono molteplici i possibili elementi che, interagendo tra loro, innescano il processo doloroso.

Nella zona vulvare e vestibolare la concentrazione di terminazioni nervose e sensitive è elevatissima perché è la zona del piacere sessuale. Il rilascio di tali sostanze nell’area dell’infezione provoca una crescita anomala, irregolare, di queste terminazioni, che si superficializzano e diventano eccessivamente sensibili agli stimoli che ricevono».

L’importanza di una diagnosi tempestiva

«Si tratta di un meccanismo complesso», continua la dottoressa, «che non coinvolge solo le zone periferiche, ma anche quelle centrali, del midollo spinale e del cervello, da dove parte lo stimolo doloroso. Questo spiega perché il dolore poi diventa costante, non passa più, neanche dopo la guarigione dalla Candida, perché ormai si è “sganciato“ dal meccanismo iniziale che l’aveva generato ed è diventato cronico.

Solitamente il dolore è considerato cronico se dura da oltre tre mesi e/o non scompare un mese dopo la risoluzione della lesione o del problema che lo ha originato. Diagnosticare tempestivamente la candidosi e intervenire con un approccio terapeutico mirato diventa quindi fondamentale anche per prevenire la comparsa e la cronicizzazione del dolore vulvare». La diagnosi di Candida Albicans è essenzialmente clinica (suggerita dalle caratteristiche lesioni mucosali) ed eventualmente confermata da un esame colturale da tampone.

Le cure, dai farmaci alla dieta

Se la terapia della Candida acuta è breve e spesso risolutiva, per lo più basata su cure locali (econazolo, clotrimazolo, miconazolo, ketoconazolo, sertaconazolo per via locale, in ovuli o creme), per quella cronica e recidivante va impostato un trattamento a lungo termine per bocca (fluconazolo), per evitare di sensibilizzare ulteriormente l’area vulvare con l’applicazione di prodotti locali.

«La dieta è fondamentale», aggiunge la ginecologa. «La Candida albicans si nutre di carboidrati e lieviti, che sono da limitare il più possibile sia per favorirne l’eliminazione che per prevenirne la ricomparsa. Il suo insediamento può altresì essere favorito da comportamenti sbagliati, come l’utilizzo eccessivo di salvaslip o i lavaggi troppo ripetuti, con detergenti aggressivi, mentre per preservare il pH vaginale è sempre meglio preferire prodotti a pH acido, non troppo schiumosi né profumati.

L’alterazione della mucosa può essere conseguente anche a terapia antibiotica: fondamentale evitare il fai-da-te e utilizzare sempre questi farmaci seguendo le indicazioni del medico».

Il ruolo dell’intestino

Uno dei meccanismi coinvolti nella genesi di questa infezione è la disbiosi intestinale e sempre di più si parla dell’importanza di mantenere in equilibrio il microbiota per la prevenzione e la cura di molti disturbi e patologie.

«Il microbiota vaginale, così come quello vescicale, è strettamente legato a quello intestinale», conferma la specialista, «per questo intervenire su disturbi come stipsi cronica o sindrome del colon irritabile, con l’assunzione regolare di cibi ricchi di fibre come i vegetali e i cereali integrali, l’assunzione regolare di acqua e uno stile di vita attivo, è cruciale anche per il benessere vulvo-vaginale. Alcuni ceppi di Lactobacilli si sono dimostrati particolarmente utili nella protezione e nel rinforzo del sistema vaginale, come il Ramnosius o il Crispatus, da assumere a cicli di tre mesi l’anno».