Terapia antalgica: il blocco dei centri nervosi

Ezio Vincenti
Dott. Ezio Vincenti

La terapia antalgica che si effettua con il blocco dei centri nervosi tramite infiltrazioni locali di farmaci anestetici, è spesso la chiave per sconfiggere il dolore causato dalla vulvidinia quando le terapie tradizionali non sono sufficienti o danno un sollievo solo temporaneo. Si tratta di una strategia che richiede un trattamento mini-invasivo e che nel tempo aiuta a riprogrammare il cervello e i circuiti del dolore. Vediamo di capirne di più.

La teoria del “resettaggio cerebrale“

Per anni, si è pensato che gli anestetici locali (come quelli usati dal dentista) avessero un effetto solo transitorio: “addormentano“ il nervo dando un sollievo immediato, ma di breve durata. La teoria del “resettaggio cerebrale“ invece si basa sull’idea che il farmaco non debba solo anestetizzare il sintomo, ma “riprogrammare“ il cervello, cioè addormentare periodicamente, a intervalli regolari, le strutture nervose doloranti per “insegnare” progressivamente al cervello a non curarsene più

«Questo tipo di terapia antalgica si basa su una lunga esperienza clinica e i benefici sono stati confermati dalle neuroscienze», spiega Ezio Vincenti, anestesista, libero professionista a Padova, direttore emerito al Dipartimento chirurgico di Dolo, Venezia. «Studi con risonanza magnetica funzionale mostrano che le persone con dolore cronico hanno aree cerebrali del dolore più estese e attive. Nel caso della vulvodinia, è stato dimostrato che le terminazioni periferiche libere delle fibre del dolore risultano più arborizzate e più superficiali rispetto alla norma . Ciò è alla base dell’allodinia e dell’iperalgeia, ossia di un’aumentata sensibilità alla stimolazione periferica: si produce più facilmente dolore perché c’è una rete più fitta e “affiorante” di terminazioni nervose in grado di mandare segnali nocicettivi al cervello».

Spegnere il segnale di allarme

Prosegue l’esperto: «Si presume che il cervello abbia bisogno di questa fitta rete nervosa in periferia per controllare meglio la situazione d’allarme che si è creata: è come se, in un’area di crisi, si dovesse inviare un esercito armato per controllare il territorio e prevenire attacchi. Ma se, dopo un po’ di tempo, si osserva che in quell’area la situazione non è più pericolosa, si può pensare a un ritiro delle truppe.

Allo stesso modo, infiltrazioni periodiche, ripetute, dell’anestetico “spegne“ progressivamente il segnale di dolore che arriva al cervello che, non ricevendo più messaggi d’allarme da quella zona, capisce che il pericolo è cessato. Una volta tranquillizzato dalla periodica attuazione dei blocchi periferici, il cervello, grazie alla sua capacità di modificarsi (neuroplasticità), si “resetta”, riducendo le aree di allarme. Progressivamente, le terminazioni nervose periferiche diventano meno superficiali e si riducono di numero, ritornando alla normalità. Così la donna ritorna a una sensibilità normale, provando dolore solo quando c’è una ragione (per esempio, una ferita)».

Anestetici: non solo “silenziatori del dolore“

Questa teoria parte dal presupposto che il farmaco anestetico, contrariamente all’opinione comune che ne circoscrive l’effetto nella sua immediatezza, esercita una vasta serie di azioni terapeutiche, che possono esprimersi contemporaneamente all’azione anestetica locale, per esempio antinocicettiva, antinfiammatoria, ma anche antiossidante e antimicrobica. Per quanto riguarda il principio attivo da utilizzare, vi è un’ampia possibilità di scelta. «La mia preferenza per questo tipo di terapia antalgicava alla soluzione di bupivacaina racemica, la cui conformazione chimica offre un’elevata potenza anestetica», spiega Vincenti. «In più vanta una maggior durata rispetto alle altre amidi e ha diverse proprietà, per esempio antimicrobiche».

Terapia antalgica: il trattamento e i benefici delle infiltrazioni

Le infiltrazioni vengono eseguite da un anestesista esperto in terapia antalgica. I principali blocchi dei centri nervosi utilizzati per il dolore pelvico cronico sono: il blocco del ganglio impari, che agisce sulla componente vegetativa del dolore, spesso associato a senso di bruciore, il blocco delle radici sacrali, che lavora sulle radici nervose che portano il dolore, e il blocco dei nervi pudendi, cruciale per alleviare il dolore neuropatico vulvo-vaginale e perineale.

Generalmente, durante la prima sessione, il sollievo del dolore dura da qualche ora a circa 24 ore. Successivamente, con la ripetizione del blocco dei centri nervosi (effettuati ogni 3-4 settimane), l’intervallo libero dal dolore aumenta progressivamente. Inoltre, quando ritorna, il dolore di solito è più attenuato. Nell’arco di 5-6 mesi, in 8 donne su 10 la sintomatologia dolorosa scompare o si attenua in modo sensibile, ma i tempi sono molto soggettivi. Quando i risultati della terapia antalgica si fanno evidenti, si procede generalmente anche a una revisione della terapia farmacologica di supporto, riducendola progressivamente, fino alla sospensione.

                                                                                                                                                                                   Roberta Camisasca

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